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Israele riprende l’attacco su Gaza con una violenza inaudita, mietendo 400 vittime in poche ore. L’Occidente tace, complice di un genocidio. Il dissenso è soffocato da un potere mediatico-politico che predica moralismo ma legittima la barbarie. La lotta per la Palestina è una lotta contro l’ipocrisia globale.
Gaza in fiamme, l’Occidente guarda altrove
La tregua a Gaza è stata solo una breve pausa, un intervallo tra una carneficina e l’altra. Ieri, Israele ha sferrato un nuovo attacco con una brutalità senza precedenti, lasciando dietro di sé 400 morti. Il silenzio dell’Occidente non è casuale: è il silenzio della complicità, dell’indifferenza calcolata, dell’ipocrisia eretta a sistema.
Non ci saranno mobilitazioni di massa, né editoriali infuocati. Nessuna popstar denuncerà il genocidio in corso, nessun intellettuale mainstream alzerà la voce per condannare l’ennesimo sterminio del popolo palestinese. Israele è un alleato strategico dell’Occidente, il suo braccio armato in Medio Oriente, e questo basta a giustificare qualsiasi atrocità.
Eppure, l’orrore per quanto accade a Gaza esiste e circola, ma è sistematicamente neutralizzato da un apparato mediatico-politico che incanala il dissenso in forme innocue, quando non apertamente reazionarie.
A monopolizzarlo è una sinistra invecchiata e sclerotizzata, ridotta a brandire un moralismo ipocrita e a difendere lo status quo dietro una patina di buone intenzioni.
Il vero motore di questo consenso a senso unico è un razzismo nascosto sotto il velo del progressismo liberale. Il caso di un promotore della recente manifestazione di Roma è emblematico: dichiarando che l’unità europea è un fatto biologico – “siamo tutti indoeuropei” – ha rivelato il cuore suprematista di un’ideologia che decide chi merita di essere difeso e chi invece può essere sacrificato.
Il massacro dei palestinesi è il riflesso di un assetto di potere globale che calpesta popoli e diritti in nome di interessi economici, strategici e militari. La complicità dell’Europa è evidente non solo nell’impunità garantita a Israele, ma anche nel suo stesso percorso di militarizzazione: il riarmo, lo stato d’eccezione, l’espansione dell’industria bellica, l’austerità imposta ai ceti popolari sono tutti tasselli dello stesso mosaico.
La lotta per la Palestina non è solo contro Netanyahu o l’estrema destra israeliana. È una battaglia contro l’ipocrisia dell’Occidente, contro il potere che divide il mondo tra degni e indegni, tra chi ha il diritto di esistere e chi può essere spazzato via senza che nessuno si indigni.
Perché chi oggi chiude gli occhi davanti alle bombe su Gaza, domani sarà pronto a giustificare altre guerre, altre ingiustizie, altri sacrifici umani in nome dell’ordine mondiale.
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