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Lo Strega 2025 incorona l’autofiction: vince Andrea Bajani con L’anniversario, in mezzo a una rosa di romanzi ripiegati sull’Io, tra traumi e confessioni. Ma dov’è il mondo? La letteratura italiana si rifugia nel privato e dimentica la realtà. È ora di tornare a sporcarci le mani con la complessità del presente.
Premio Strega 2025: l’egemonia dell’IO
Il verdetto dello Strega 2025, che ha premiato Andrea Bajani con L’anniversario (Feltrinelli), segna una vittoria annunciata — all’interno di un contesto in cui dominante è stata la presenza dell’autofiction nella cinquina finalista. Quella che un tempo era una forma vitale di rivolta oggi si è ridotta a narcisismo culturale, come confermato dalle scelte del premio: opere incentrate sull’esplorazione personale più che su una narrazione che guardi fuori da sé.
Bajani indaga il trauma dell’allontanamento, trasformando l’auto-conflitto in veicolo di critica al patriarcato. Ma si rimane confinati nell’anima individuale: il mondo esterno scompare, lasciando spazio a una confessione privata che non abbraccia la collettività
Autofiction trionfante, romanzo in recessione?
Il Premio Strega 2025 conferma quindi il ruolo dominante dell’autofiction psicologizzante, bello da leggere ma priva di prospettiva. Mai come oggi, l’enfasi è sull’IO – e il mondo resta assente. In un tempo segnato da crisi ecologiche, guerre, disuguaglianze, la narrazione si ritrae in se stessa, in una comfort zone borghese, adolescenziale, autoreferenziale.
Baiani stesso, con la sua “voce calmissima” e ‘scandalosamente’ privata, ben rappresenta la tendenza: si smantella l’apparato patriarcale, ottimo, ma si resta confinati nell’egocentrismo dell’individuo. Il sistema editoriale, mercificatore e codificato, sembra premiare questa narrazione “post”, efficace sui social, meno coraggiosa nella sfera pubblica.
Dove va la letteratura?
La letteratura ha il compito di sporcarsi le mani col mondo, animare complessità, costruire finzione con dimensione universale. Qui, invece, a predominare è un modello piatto: trauma trasformato in brand, confessione in contenuto da consumare. Più post che romanzo.
Il premio, specchio del mercato, fotografa una realtà: romanzi centrati sul sé, forme diverse di introspezione. Lo Strega mostra che oggi, in Italia, “si vende” l’intimità filtrata, la fragilità levigata. Ma è davvero ciò di cui il presente ha bisogno?
Il mondo fuori resta un buco
Nel 2025, la narrativa italiana al top non osa guardare altrove. Non c’è contraddizione: in un’epoca che premia la narrazione empatica e immediata, l’autofiction primeggia. Ma la domanda resta: questa letteratura, così concentrata sull’interiorità, sarà in grado di costruire ponti con la società? O resterà un esercizio di stile privato, un eterno adolescente problematico?
Lo Strega lo conferma: se vogliamo uscire dalla torre d’avorio, serve una narrativa che torni a raccontare il mondo. O ancje semplicemente raccontare storie al di fuori di se. Abbracciare artigianaòmente anche i “generi”, senza compatirli con etichette di qualità preventiva. Diversamente, continueremo a celebrare l’Io – ma intorno solo silenzi.
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