“Recensioni coraggiose” è una rubrica dedicata ai libri che nessuno è abbastanza forte da leggere. Nessuno tranne l’impavido A.C. Whistle, che non arretra di fronte a nulla. Eccolo alle prese con “Controcorrente” di Matteo Renzi.
Recensioni coraggiose: “Controcorrente” di Matteo Renzi
Chiarisco in premessa che nel titolo dell’articolo la citazione di “Barcarolo romano” è sintattica e non semantica, giacché a Matteo della povera Ninetta bella scomparsa in quel mulinello del Tevere probabilmente non interessa nulla.
Traggo questa conclusione da una delle sue dichiarazioni programmatiche più famose, che suona così: “voglio riaffermare l’idea che la gente deve soffrire, rischiare, provare, correre”. E, perché no, annegare.
Seguirò la suddivisione in capitoli utilizzata dall’autore e con gli stessi titoli, leggendo le mie poche righe vi risparmiate 185 pagine di testo.
Avvertenza: Matteo inizia ogni capitolo con un aforisma, si va da George Orwell a T.S. Eliot passando per Alda Merini e Teresa Bellanova: se è vero -come è vero- che la scelta di autori e frasi rivela molto su chi la fa…
Ma ora andiamo, scommetto che anche voi siete impazienti di sapere contro quale corrente si scaglia l’anticonformista Matteo.
N.B. Ogni eventuale commento cercherà di essere esclusivamente di carattere letterario, ma non garantisco.
Achtung! Satira
Capitolo 1: “Politica, non sondaggi”
“Più una società si allontana dalla verità, più odierà quelli che la dicono” (George Orwell)
Tradotto: io dico la verità, gli altri no, e comunque citare Orwell mi accredita come pensatore acuto.
“…la crisi di Governo che ha portato alla salvifica staffetta Conte-Draghi non ha paragoni possibili: è stata la decisione più complicata della mia intera esperienza politica”: il grassetto comincia a farvi capire di che cosa si parla in questo libro, vero?
“Mario Draghi, invece, era semplicemente l’italiano più stimato al mondo non solo tra gli addetti ai lavori”. Dite basta altrimenti continuo.
Capitolo 2: “Soli contro tutti”
“Avrei potuto accontentarmi ma è così che si diventa infelici” (Charles Bukowski)
Tradotto: non sono un pallone gonfiato catapultato chissà perché e chissà come in ruoli che nemmeno Thimoty Leary sotto LSD avrebbe immaginato che io potessi ricoprire, anzi le mie ambizioni sono sottodimensionate rispetto alle mie immense capacità.
In questo capitolo Matteo si difende dall’accusa di essere attaccato al potere e alla poltrona, rivendicando di avere perso la Presidenza del Consiglio a causa della fedeltà alle sue idee. Possiamo essere d’accordo, difatti non v’è chi non veda come l’interesse supremo di Matteo appaia essere il denaro.
Capitolo 3: “Comunicare la paura”
“Il timore è il maggiore signore che si trovi” (Niccolò Machiavelli)
Tradotto: meglio un rastrellamento delle SS che un fiorentino come nemico (non so se è una mia battuta o se l’ha già detto qualcuno, comunque è vero, e comunque se volete maggiore precisione nelle citazioni e nelle autocitazioni leggete un autore astemio, non me).
Matteo prende in giro Giuseppe Conte che durante la pandemia cita “l’ora più buia” di Churchill (tenete a mente questo rimbrotto perché Churchill tornerà qualche capitolo più avanti) e sottolinea tutte le inadeguatezze della gestione governativa della pandemia, su tutte quella relativa alla scuola: “Chiedo di riaprire le scuole e mi danno del pazzo, (…) i nostri figli (…) hanno pagato i lockdown sotto il profilo psicologico, non solo scolastico”.
Può sembrare esagerato a chiunque, come me, abbia avuto figli adolescenti chiusi in casa a seguire la DAD non contenti ma tutto sommato consapevoli; pensate però ai poveri Francesco, Emanuele ed Ester chiusi in casa con un padre ex boy scout, ex arbitro di calcio ed ex concorrente de “La ruota della fortuna”.
Capitolo 4: “I bocconi amari”
“Ho imparato tanto tempo fa a non fare la lotta con i maiali. Ti sporchi tutto e soprattutto ai maiali piace” (George Bernard Shaw)
Tradotto: se non lo aveste ancora capito, l’ego di Matteo è come l’universo, non misurabile e in espansione.
Matteo si lamenta dell’uso politico della giustizia ai danni di Italia Viva. Il che è quantomeno singolare da parte di uno che ha fatto della tutela giudiziaria (civile e non penale, furbacchione) un’arma personale: tutto nel lecito per carità, ma esercitato da una sorta di “posizione dominante” non è simpatico.
Si chiude con il delenda Carthago della condanna senza appello del reddito di cittadinanza.
Capitolo 5: “La sconfitta dei sovranisti”
“La riva è più sicura ma a me piace più combattere contro l’onda del mare” (Emily Dickinson)
Tradotto: care colleghe parlamentari, non vedete come sono fascinosamente avventuroso? Come potete resistermi? Passate nel mio gruppo parlamentare e vi regalerò giorni e notti indimenticabili.
Il capitolo inizia con Matteo che si lamenta di come lo si dica uguale a Salvini e a Berlusconi. Magari, dico io, e passo senza indugio al capitolo successivo.
Capitolo 6: “Conte e Casalino, la strana coppia”
“La maggior parte della gente si merita a vicenda” (Arthur Bloch)
Tradotto: io sono bello e moderno, quindi per Italia Viva scelgo gente bella e moderna.
A me viene in mente Mohammed bin Salman e il rinascimento saudita, quindi salto anche questo capitolo.
Capitolo 7: “Un dicembre di fuoco”
“Una cosa facile da avere a dicembre è il sangue freddo” (Alphonse Allais)
Tradotto: io ho sempre il sangue freddo, come il crotalo.
Matteo vuole aprire una discussione sull’utilizzo dei miliardi PNRR (dove pulsano gli ideali, là c’è qualcuno di Italia Viva). A un certo punto riporta in virgolettato un SMS di Landini che gli dice di essere d’accordo con lui non so su che cosa: evidentemente anche la scuola di formazione CGIL di Ariccia è stata chiusa da tempo e i locali affittati a un sushi restaurant.
C’è spazio anche per un panegirico di Maria Elena Boschi ospite della perfida Lilli Gruber: “ha studiato come sempre con puntiglio tutti i contenuti del PNRR, (…) giusto che sia lei invitata in studio”, “Maria Elena è come sempre molto preparata e battagliera”, “Boschi non si scompone”. Ora, pur volendo respingere illazioni e pettegolezzi da settimanale scandalistico, un mio maestro mi insegnò -e dimostrò- che in questo campo, al contrario di quanto dice l’adagio popolare, “le cose sono come sembrano”. Ma la faccenda mi annoia più che infastidirmi o incuriosirmi, quindi vado avanti.
Si parla -credo- di pandemia, e “Virgilio lo chiarisce con la consueta maestria quando mette in bocca a Enea -recalcitrante davanti alla richiesta di Didone di raccontare- l’espressione «Infandum, regina, iubes renovare dolorem». Infandum, un dolore che non si può dire. Indicibile. Dire ciò che è indicibile. Impensabile. Inaccettabile.” Il lacché che gli ha impostato il testo deve essere fresco di studi in lettere antiche.
Capitolo 8: “Il complotto e i Servizi segreti”
Un megalomane è un cretino che si circonda di incapaci (Franca Valeri)
Tradotto: la citazione è chiaramente una provocazione, vediamo se la raccogli.
La vicenda CONSIP, i presunti depistaggi… Ora, che un fiorentino si lagni delle trame segrete è un po’ come un appello di Ru Paul alla morigeratezza dei costumi.
Capitolo 9: “Il fango della diffamazione”
La calunnia è un vocabolo sdentato che quando arriva a destinazione mette mandibole di ferro (Alda Merini)
Tradotto: quello che dico io dei miei avversari è vero, quello che dicono loro di me è diffamazione. E se dite il contrario vi cito in giudizio (civile, beninteso).
“Nessun esecutivo ha fatto quanto noi per allargare i diritti, nessuno. Eppure sembriamo lontani dalle esigenze di quella che Giorgio La Pira chiamava «la povera gente». Anzi, penso che ci sia stata una strategia degli avversari nel dipingerci come gli uomini legati ai poteri forti.” Sarà mica per quelle sciocchezzuole del Jobs Act e dell’art. 18? Suvvia, povera gente, vogliate bene a Matteo quanto egli ne vuole a voi.
Capitolo 10: “L’indagato”
Niente nella vita è così esilarante come quando ti sparano addosso e non ti centrano (Winston Churchill)
Tradotto: se non sono come Churchill, poco ci manca.
Matteo si fa prendere la mano e si produce in una intemerata contro il/la PM Turco, che -mi pare- gli ha inquisito anche il babbo. Da lombrosiano puro inizio a provare simpatia per questo/a Turco pur senza conoscerlo/a.
Capitolo 11: “Le dimissioni”
L’anomalia non è Italia Viva, caro presidente. L’unica anomalia sei tu che stai a Palazzo Chigi e non hai ancora capito perché (Teresa Bellanova)
Tradotto: pure una ex sindacalista dei braccianti agricoli sta dalla mia parte, arrendetevi spontaneamente al liberismo sfrenato finché siete in tempo.
Il lungo racconto delle cattiverie del PD nei suoi confronti è appassionante quanto la rivalità condominiale del ragioniere del quarto piano contro l’amministratore, poi c’è l’ultimo libro di Roberto Vecchioni con l’autore che gli fa una dedica personalizzata: sarà anche vera, ma come stile siamo dalle parti di Richard Burton che vomita sulla moquette di Manuel Fantoni, all’anagrafe Cuticchia Cesare, magistralmente interpretato da Angelo Infanti in “Borotalco”.
Capitolo 12: “Ciampolillo versus Draghi”
Anni di smandrappo generale che hanno generato una classe dirigente Volta & Gabbana che non sa un accidente di niente (Alberto Arbasino)
Tradotto: il dubbio che un aforisma caustico possa, anche solo parzialmente, riguardare me non mi sfiora mai, MAI.
Avrete notato che sto faticando a sintetizzare il contenuto del libro, limitandomi a estrapolarne alcune frasi chiave: è che il testo non mi pare avere un vero e proprio filo logico, e non credo che questa mia impressione dipenda dal fatto che per affrontarne lettura e recensione ho bevuto mezza bottiglia di irish whiskey in meno di tre ore.
Comunque “se oggi il Paese è nelle mani di Draghi e non sotto i piedi di Ciampolillo il merito è innanzitutto del coraggio delle donne e degli uomini di Italia Viva.” Devo affrettarmi a trovarne l’indirizzo per inviare loro un cesto natalizio in segno di ringraziamento.
Capitolo 13: “L’autogrill e le conferenze estere”
Dica pur chi mal dire vuole. Noi faremo e voi direte (Lorenzo Il Magnifico)
Tradotto: io sono più Magnifico di Lorenzo, ve la farò vedere in Tribunale (sempre civile)
Matteo incontra Marco Mancini del DIS (servizi segreti) in un autogrill e secondo lui non c’è nulla di strano. A dire il vero, anche secondo me: uno come Matteo parla solo con gente che conta qualcosa, e negli autogrill c’è la videosorveglianza, escluderei pertanto che siano entrambi sprovveduti e si siano incontrati lì per gli ultimi dettagli di un colpo di stato.
Ma non faccio in tempo a dargli ragione una volta (sì, come Landini, ma non fate i capziosi, altrimenti il prossimo libro ve lo leggete voi dall’inizio alla fine) che Matteo parla delle sue consulenze: “Svolgo attività come conferenziere, partecipo ad advisory board, seguo progetti culturali, tengo dei corsi come docente presso università straniere di grande prestigio a cominciare da Stanford e New York University. Considero valore tutto ciò. Grande valore. Ovviamente ricevo dei compensi, molto buoni. E su questi compensi pago le tasse in Italia. La mia dichiarazione dei redditi è pubblica. Tutto è perfettamente legale e legittimo.”
Ora, se avete da parte qualche decina di migliaia di euro da destinare all’istruzione universitaria dei vostri figli, controllate bene l’elenco dei docenti del prestigioso ateneo privato, valutate dove vanno a finire le ingenti somme della retta, e -se avrete tratto le mie stesse conclusioni- iscriveteli a una facoltà pubblica italiana, che risparmiate e fate anche il loro bene.
Capitolo 14: “La fine della guerra dei trent’anni”
“C’è voluto del talento per invecchiare senza diventare adulti” (Franco Battiato)
Tradotto: non sono Matteo Renzi, sono uno stagista ghost writer a rimborso spese, per i quattro baiocchi che mi danno ho già fatto fin troppe citazioni in tema, adesso pesco a casaccio su Google.
La guerra dei trent’anni sarebbe quella giudiziaria contro la politica, che ha coinvolto anche sua mamma. “E ripenso al fatto che sulla vicenda di mia mamma il politico che mi è stato umanamente più vicino è Silvio Berlusconi. Le ironie si sprecheranno, lo so. Gli odiatori non credono che anche i politici abbiano una dimensione umana.” No, infatti non c’è niente da ridere.
Capitolo 15: “La Cultura al centro”
“Gli uomini di una certa età devono essere esploratori” (T.S. Eliot)
Tradotto: v. cap. 14.
Il fatto che “Cultura” sia scritto con una errata iniziale maiuscola mi induce ad affrettarmi a chiudere il libro. Che termina con questa minaccia: “A noi il compito di fare formazione politica, di scommettere sull’educazione, di risvegliare il talento. Altro che sussidi e redditi di cittadinanza: diamo educazione e valori alla nuova generazione. E lasciamo che provino a guidare questo Paese verso il futuro.”
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