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Notturno napoletano, l’ultimo libro di Nando Vitali, è un’opera che riesce a catturare lo zeitgeist – fuori e dentro il tempo – di Napoli, intrecciando due racconti profondamente evocativi: Luisella e Zampanò.
“Notturno napoletano” di Nando Vitali
Pubblicato da Colonnese Editore e arricchito dalle suggestive illustrazioni di Luk (Luca Dalisi), Notturno napoletano narra storie, cosa non indifferente e che si dà troppo per scontata, distratti dagli effetti collaterali della lettura e non da quello che ne resta l’anima, ovvero entrare in vicende e viverle attraverso gli occhi del narratore che diventano i nostri. E in questo narrare Nando Vitali trasporta il lettore in un viaggio sensoriale capace di evocare attraverso la carta, suoni, odori, e immagini.
Il libro è un vero e proprio “movimento” inteso come progressione del disegno musicale; l’intervallo melodico percorso da una stessa voce fra due note successive, che utilizza la parola come strumento musicale per evocare atmosfere in cui la città di Napoli è al centro, viva e pulsante.
Due racconti, un filo unico
Luisella, ambientato durante le Quattro Giornate di Napoli, narra di una donna che vive in un basso mentre fuori infuria la lotta per liberare la città dai nazisti. Il racconto di quell’ultima notte di rivoluzione – speculare e contraria alla ‘prima notte di quiete’ di Goethe, o a quella cinematografica di Zurlini, con un Delon mortifero che si aggira per una Rimini provincia estranea – è visto attraverso la prospettiva di Luisella, solitaria ma partecipe a modo suo della battaglia che si consuma intorno a lei.
In Zampanò, invece, l’ambientazione cambia, spostandosi nei vicoli di Bagnoli negli anni ’70, in una notte oscura e densa di presagi. Qui, il protagonista, un giovane musicista, si muove tra il fascino e l’oscurità della periferia industriale, affrontando il misterioso e il surreale, incarnato dalla figura del lupo mannaro, simbolo di paure antiche e collettive.
Uno degli elementi più potenti di Notturno napoletano è senza dubbio la lingua. Vitali utilizza il dialetto napoletano, non solo come mezzo di comunicazione ma come strumento evocativo di qualcosa di remoto, ancestrale, presente nei personaggi.
Il napoletano è presente anche dove non viene esplicitamente scritto, filtrando attraverso la narrazione e dando vita a un universo sonoro che riporta il lettore a una Napoli arcaica, stregonesca.
In Zampanò, la narrazione oscilla tra il reale e il simbolico. Il lupo mannaro diventa simbolo di una periferia abbandonata, di un’umanità che vive ai margini, ma anche di una lotta eterna contro un destino spesso avverso.
L’aggiunta delle illustrazioni di Luk arricchisce ulteriormente l’esperienza di lettura. Le immagini non si limitano a illustrare i racconti, ma li amplificano, li estendono a un altro livello percettivo nel lettore.
Un piccolo gioiello letterario.
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