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Il fornaio libanese: Resistenza e memoria tra farina e poesia

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Eugenio Cardi racconta la Beirut del 1982 attraverso Ibrahim, ex professore divenuto fornaio, che trasforma il suo panificio a Chatila in un simbolo di resistenza e speranza. Tra farina e poesia, il romanzo intreccia storia personale e collettiva con lirismo e intensità.

Il fornaio libanese

1982, l’invasione israeliana del Libano segna l’inizio di una nuova resistenza.
Najma e Zaynab, sorelle palestinesi rispettivamente di 20 e 10 anni, cresciute nei campi profughi, scelgono di lottare e sopravvivere all’occupazione entrando nella resistenza armata. Pur unite nel loro intento, lo fanno da due luoghi diversi e lontani: Zaynab resta a Beirut con la madre Layla, mentre Najma si trova a Jenin, campo profughi palestinese in Cisgiordania, accanto al padre Tariq, impegnato ad assistere i rifugiati.

A intrecciare i fili della storia la figura intima e potente allo stesso tempo di un uomo, un fornaio, che attraverso il suo lavoro vede germogliare i semi della rivolta quotidiana. Sullo sfondo, la cruda realtà storica di un popolo segnato da persecuzioni, incarcerazioni e violenze, ancora in attesa, dal 1948, del riconoscimento del proprio “diritto al ritorno”.

Ibrahim, il fornaio libanese

Nel romanzo Il fornaio libanese, Eugenio Cardi ci conduce nel cuore martoriato della Beirut del 1982, raccontando la storia di Ibrahim, ex professore di letteratura e ora fornaio nel quartiere di Chatila. In un contesto di guerra e distruzione, il panificio, ereditato dal padre, diventa un luogo di resistenza civile, dove il pane non è solo cibo, ma simbolo di speranza, cultura e umanità.

Tra i bombardamenti e le tensioni interconfessionali, Cardi ci restituisce un racconto intenso e viscerale, capace di intrecciare storia personale e collettiva con una scrittura lirica e diretta. L’autore mette al centro la resilienza umana, incarnata da Ibrahim, che trasforma il gesto umile di impastare il pane in un atto quotidiano di ribellione e dignità. Ogni pane sfornato diventa una lezione di vita, un segno tangibile che la cultura e l’identità non possono essere annientate dalle armi.

Cardi sceglie di raccontare una Beirut viva e lacerata, popolata da militanti, rifugiati e civili in fuga, ognuno con una storia di dolore e sopravvivenza. Tra questi personaggi spiccano le sorelle Najma e Zaynab, figure emblematiche di resistenza femminile: la prima rimasta a Beirut, la seconda in Cisgiordania, entrambe legate da un filo invisibile che unisce la lotta per l’autonomia e il diritto al ritorno.

Il romanzo si distingue per l’equilibrio tra realismo storico e poesia narrativa, una cifra stilistica che caratterizza l’intera produzione di Cardi. La scrittura è densa ma mai ridondante, viscerale senza essere retorica, e offre al lettore una visione intima del conflitto, filtrata attraverso i gesti quotidiani e i simboli della tradizione. Non è solo una storia di guerra, ma un racconto di sopravvivenza culturale, in cui il pane diventa metafora di resistenza e memoria.

La caratterizzazione dei personaggi è accurata e profonda, con Ibrahim che emerge come figura centrale, simbolo di una resistenza che si nutre di poesia e azioni semplici. Nonostante il dolore, il fornaio non rinuncia al suo ruolo di custode della memoria, trasformando il panificio in un microcosmo di vita e speranza.

La sua umanità si riflette nelle parole rivolte alla giovane Zaynab: ‘Ci sono due tipi di città: quella che possono bombardare, fatta di pietra e cemento, e quella che vive dentro di noi, fatta di ricordi e sapori e profumi. La seconda è indistruttibile.’

L’eco della Nakba del 1948 e il dramma di Sabra e Chatila attraversano le pagine del libro come ferite ancora aperte, intrecciandosi alla quotidianità dei protagonisti. Cardi non si limita a raccontare il dolore, ma lo sublima in una narrazione poetica che rende omaggio alla capacità umana di trasformare la sofferenza in forza.

L’autore riesce a costruire una coralità narrativa che dà voce non solo ai personaggi principali, ma anche alle figure marginali che arricchiscono il quadro storico e umano.

Il fornaio libanese è anche un grido di denuncia contro l’ingiustizia, ma senza scadere nel moralismo. La scelta di collegare i drammi del passato alle tragedie contemporanee del Medio Oriente evidenzia l’urgenza civile ed etica dell’opera, facendone un atto letterario di coscienza. Cardi utilizza la storia di Ibrahim e delle sorelle palestinesi come ponte tra epoche diverse, ricordando al lettore che la lotta per la dignità e la sopravvivenza non conosce tempo né luogo.

il fornaio libanese2
“Il fornaio libanese”, di Eugenio Cardi. Santelli Editore, 2025

 

 

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