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What if…? Fantapolitica: cosa accadrebbe se la Russia invadesse la Lettonia?

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What if…? Il gioco della fantapolitica. Ovvero l’elaborazione di differenti scenari per la valutazione dei diversi esiti possibili. In questo caso abbiamo provato ad immaginare cosa accadrebbe se la Russia invadesse la Lettonia. E per l’Italia il quadro sarebbe nerissimo…

Fantapolitica: e se la Russia invadesse la Lettonia?

L’invasione russa della Lettonia, iniziata il 2 marzo 2025, ha segnato un punto di svolta nella storia europea, aprendo una crisi senza precedenti per la NATO e per l’Italia.

L’attivazione dell’articolo 5 del Trattato Atlantico, che prevede la difesa collettiva, avrebbe dovuto unire l’Alleanza contro l’aggressione russa, ma il disimpegno degli Stati Uniti, seguito da quello di Ungheria, Turchia e Repubblica Ceca, ha lasciato l’Europa divisa e vulnerabile. Ora, con le prime vittime italiane negli scontri a Riga, 12 soldati del contingente NATO Enhanced Forward Presence, secondo fonti del Ministero della Difesa, l’Italia si trova a fare i conti con una crisi politica, sociale e morale senza precedenti.

L’invasione russa della Lettonia, uno dei tre Paesi Baltici membri della NATO, è iniziata con un’offensiva fulminea, che ha visto le forze russe occupare gran parte della regione orientale di Latgale in meno di 48 ore.

L’attivazione dell’articolo 5, decisa il 3 marzo durante una riunione straordinaria del Consiglio Atlantico, è stata accolta con entusiasmo da Paesi come Polonia, Lituania ed Estonia, ma ha subito un duro colpo quando gli Stati Uniti, sotto la nuova amministrazione isolazionista del presidente Trump hanno annunciato il loro disimpegno, limitandosi a fornire supporto logistico e intelligence, senza inviare truppe. “La NATO è un’organizzazione obsoleta, e gli Stati Uniti non possono continuare a fare da scudo all’Europa”, ha dichiarato il segretario alla Difesa americano, citando la necessità di concentrarsi sul confronto con la Cina nel Pacifico.

A questo si sono aggiunti i rifiuti di Ungheria e Repubblica Ceca, motivati da considerazioni interne e da una storica riluttanza a inimicarsi Mosca, e quello della Turchia, che ha scelto di mantenere una posizione neutrale per preservare i suoi interessi strategici nel Mar Nero e in Medio Oriente. L’Italia, insieme a Francia, Germania, Regno Unito e pochi altri Paesi, si è trovata improvvisamente in prima linea, con il compito di difendere non solo la Lettonia, ma l’intera credibilità della NATO.

L’Italia, che dal 2017 partecipa alla missione Enhanced Forward Presence in Lettonia con un contingente di circa 250 militari, ha risposto all’attivazione dell’articolo 5 inviando ulteriori 1.500 uomini, principalmente della Brigata Alpina Taurinense, insieme a veicoli blindati Centauro e sistemi antiaerei.

Tuttavia, la rapidità dell’avanzata russa e la mancanza di un supporto significativo da parte degli Stati Uniti hanno reso la situazione sul campo estremamente difficile. Le prime vittime italiane, cadute durante un attacco russo a un posto di comando vicino a Riga il 7 marzo, hanno segnato l’inizio di una crisi che sta scuotendo il Paese.

La reazione politica: un governo sotto pressione

La notizia delle prime vittime italiane ha scatenato un terremoto politico a Roma. Il governo di coalizione, guidato da Giorgia Meloni, si è trovato immediatamente sotto pressione, con divisioni interne e un’opposizione pronta a cavalcare il malcontento pubblico. Durante un intervento straordinario alla Camera dei Deputati, il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha difeso l’intervento italiano, sottolineando l’importanza di onorare gli impegni NATO e di fermare l’aggressione russa: “Non possiamo permettere che la Russia riscriva i confini europei con la forza. La nostra sicurezza dipende dalla nostra unità”.

Tuttavia, le parole di Crosetto sono state accolte con scetticismo da molti parlamentari, soprattutto della Lega, che in passato ha espresso simpatie per Mosca. Matteo Salvini, leader del partito e vicepremier, ha dichiarato: “Dobbiamo chiederci se morire per la Lettonia sia davvero nell’interesse nazionale italiano. Le famiglie dei nostri soldati meritano risposte”.

La dichiarazione di Salvini, che sembra riflettere il sentimento di una parte significativa dell’elettorato leghista, ha aperto una crepa nella coalizione, con Fratelli d’Italia e Forza Italia che insistono sulla necessità di mantenere una linea dura contro la Russia.

L’opposizione, dal canto suo, ha colto l’occasione per attaccare il governo. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha accusato l’esecutivo di “impreparazione” e di aver trascinato l’Italia in un conflitto senza una strategia chiara: “Siamo in guerra senza il sostegno degli Stati Uniti e senza un piano per proteggere i nostri soldati. Questo governo deve rispondere al Paese”.

Il Movimento 5 Stelle, guidato da Giuseppe Conte, ha chiesto un ritiro immediato delle truppe, definendo l’intervento “una follia che pagheremo cara”.

L’opinione pubblica: shock, proteste e divisioni

La reazione dell’opinione pubblica italiana è stata immediata e intensa. La notizia delle prime vittime, trasmessa in diretta dai principali telegiornali e amplificata dai social media, ha generato un’ondata di shock e dolore, ma anche di rabbia e confusione.

Le immagini delle bare avvolte nel tricolore, arrivate all’aeroporto di Ciampino, hanno commosso il Paese, ma hanno anche alimentato un senso di impotenza e di rifiuto verso un conflitto percepito come lontano e non necessario.

Già nella serata dell’8 marzo, migliaia di persone sono scese in piazza in diverse città italiane, da Roma a Milano, per protestare contro la guerra e chiedere il ritiro delle truppe. A Roma, un corteo organizzato da movimenti pacifisti, sindacati e associazioni cattoliche ha attraversato il centro storico, con striscioni che recitavano “No alla guerra NATO” e “I nostri figli non sono carne da cannone”. A Milano, un gruppo di manifestanti ha tentato di bloccare la sede della Regione Lombardia, accusando il governo di “svendere l’Italia agli interessi stranieri”.

I sondaggi condotti nelle ultime 48 ore riflettono un Paese profondamente diviso. Secondo un’indagine di SWG, solo il 22% degli italiani sostiene l’intervento militare in Lettonia, mentre il 65% chiede un ritiro immediato delle truppe. Il restante 13% si dichiara indeciso, ma esprime preoccupazione per le conseguenze economiche e sociali del conflitto. Tra i giovani sotto i 30 anni, il rifiuto della guerra è ancora più marcato, con l’80% che si dichiara contrario a qualsiasi intervento militare.

I media italiani hanno svolto un ruolo centrale nel plasmare la percezione pubblica della crisi, ma hanno anche contribuito a polarizzare ulteriormente l’opinione pubblica. I principali telegiornali, come il TG1 e il TG5, hanno dedicato ampio spazio alle immagini delle famiglie dei soldati caduti e alle cerimonie di rimpatrio, suscitando un’ondata di commozione, ma anche di rabbia verso il governo.

Programmi di approfondimento come Porta a Porta e Piazzapulita hanno ospitato dibattiti accesi, spesso dominati da toni emotivi e sensazionalistici, con ospiti che oscillano tra il sostegno all’intervento NATO e l’accusa di “guerra per procura” orchestrata dagli Stati Uniti.

I quotidiani si sono divisi lungo linee ideologiche prevedibili. Il Corriere della Sera e La Repubblica hanno pubblicato editoriali che sottolineano l’importanza di difendere i valori democratici e la credibilità della NATO, pur esprimendo preoccupazione per l’assenza di una strategia chiara.

Il Fatto Quotidiano e La Verità, invece, hanno adottato una linea più critica, accusando il governo di aver trascinato l’Italia in un conflitto senza il consenso pubblico e senza un piano per proteggere i soldati. Libero ha cercato di cavalcare il sentimento nazionalista, chiedendo un intervento più deciso, ma ha trovato scarso consenso tra i lettori, che sembrano più inclini al pacifismo che al militarismo.

I social media, in particolare X e Telegram, sono diventati un terreno fertile per la disinformazione e la propaganda. Account anonimi e gruppi riconducibili a campagne russe hanno diffuso contenuti che accusano la NATO di aver provocato il conflitto, presentano la Russia come una vittima delle sanzioni occidentali e descrivono l’intervento italiano come una “guerra per conto degli Stati Uniti”.

Secondo un’analisi preliminare condotta dall’Agenzie per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), circa il 30% dei contenuti virali sull’argomento in Italia negli ultimi giorni è riconducibile a operazioni di disinformazione, spesso amplificate da influencer e politici populisti. Questo ha alimentato una narrazione di sfiducia verso le istituzioni e di simpatia verso Mosca, soprattutto tra le fasce meno istruite e tra i sostenitori di movimenti come il Movimento 5 Stelle e la Lega.

Nel frattempo, le Forze Armate italiane si trovano a gestire una situazione operativa estremamente difficile. Fonti militari, che hanno preferito rimanere anonime, hanno espresso preoccupazione per la mancanza di risorse e per l’assenza di un supporto significativo da parte degli Stati Uniti. “Siamo stati addestrati per missioni di pace e per operazioni di supporto, non per una guerra convenzionale su larga scala contro un nemico come la Russia”, ha dichiarato un ufficiale dell’Esercito. “Senza il supporto aereo e logistico americano, la nostra capacità di resistere è limitata a poche settimane, se non giorni”.

Il contingente italiano in Lettonia, che opera sotto il comando della Multinational Division North della NATO, è stato schierato principalmente in ruoli difensivi, ma si trova ora in prima linea contro un nemico numericamente superiore e meglio equipaggiato.

I carri armati russi T-90 e i sistemi missilistici Iskander hanno già inflitto perdite significative alle forze NATO, mentre la mancanza di una difesa aerea adeguata ha reso i cieli sopra Riga vulnerabili agli attacchi russi.

La crisi non si limita al piano militare e politico, ma sta avendo un impatto devastante sull’economia e sulla società italiane. L’aumento dei prezzi del gas, già in corso a causa delle tensioni con la Russia, è esploso nelle ultime settimane, con il costo del metano che ha raggiunto livelli record.

Le famiglie italiane, già alle prese con l’inflazione e la stagnazione economica, stanno affrontando bollette insostenibili, mentre le imprese, soprattutto nel settore manifatturiero, denunciano il rischio di chiusura a causa dei costi energetici.

Sul piano sociale, la crisi ha alimentato tensioni e divisioni. Gruppi di estrema destra hanno organizzato contro-manifestazioni a favore dell’intervento militare, accusando i pacifisti di “tradimento” e promuovendo una retorica nazionalista. Allo stesso tempo, la comunità lettone in Italia, che conta circa 2.000 persone, ha chiesto maggiore sostegno al governo, organizzando veglie e raccolte fondi per i rifugiati lettoni.

L’Italia si trova a un bivio storico. Il governo Meloni deve decidere se continuare a sostenere l’intervento in Lettonia, rischiando una crisi politica interna e un ulteriore isolamento internazionale, o se cedere alle pressioni dell’opinione pubblica e ritirarsi, compromettendo la credibilità della NATO e aprendo la porta a ulteriori aggressioni russe in Europa.

Nel frattempo, Francia e Germania stanno cercando di coordinare una risposta europea, ma le divisioni interne e la mancanza di risorse rendono difficile immaginare una strategia efficace senza il supporto degli Stati Uniti.

Sul piano interno, la crisi rischia di destabilizzare ulteriormente un Paese già diviso e fragile. La domanda che molti italiani si pongono è semplice, ma senza risposta: “Perché morire per la Lettonia?”. La risposta, se mai ci sarà, dipenderà dalla capacità del governo e delle istituzioni di costruire un consenso nazionale, non solo attraverso la comunicazione, ma anche attraverso una strategia che tenga conto dei valori, delle paure e delle priorità di un Paese che, dopo decenni di pace, si trova improvvisamente a fare i conti con la guerra.

Dopo giorni di proteste, divisioni interne alla coalizione e un crollo verticale del consenso pubblico, il governo Meloni cade il 15 marzo 2025, a seguito delle dimissioni di Matteo Salvini e del ritiro della Lega dalla maggioranza.

Le elezioni anticipate, indette per il 18 maggio, hanno visto una campagna elettorale dominata dal tema del conflitto in Lettonia, con il Movimento 5 Stelle e altre forze populiste che hanno fatto del ritiro delle truppe il loro principale cavallo di battaglia. Nel frattempo, la pressione dell’opinione pubblica e la mancanza di progressi sul campo hanno spinto l’Italia ad annunciare, il 18 marzo, il ritiro unilaterale del contingente italiano dalla Lettonia, lasciando Francia, Germania e Regno Unito a gestire una missione NATO sempre più fragile.

Il ritiro italiano ha segnato un colpo devastante per la credibilità della NATO, alimentando il timore di ulteriori disimpegni da parte di altri Paesi e aprendo la strada a negoziati tra Russia e i Paesi Baltici, mediati da Francia e Germania, per un cessate il fuoco che molti analisti hanno definito “una resa mascherata”.

Sul piano interno, l’Italia è entrata in una fase di profonda instabilità politica, con un’opinione pubblica ancora più divisa e un senso di sfiducia verso le istituzioni che rischia di durare anni. La crisi ha dimostrato, in modo drammatico, che senza un consenso pubblico e una preparazione culturale alla difesa, qualsiasi impegno militare, anche in nome di un’alleanza come la NATO, è destinato a fallire.

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Enrico Zerbo
Enrico Zerbo
Ligure, ama i gatti, la buona cucina e le belle donne. L'ordine di classifica è a caso. Come molte cose della vita. Antifascista ed incensurato.

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