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La storia rimossa rimodella la coscienza occidentale che ha plasmato una generazione impreparata e vanagloriosa, che cerca la guerra purificatrice senza averne coscienza, senza rapporto col reale.
Tramonto occidentale: evoluzioni
La Prima guerra mondiale decretò la scomparsa tanto di un’idea illusa della guerra, affrescata da vezzeggiativi avventurosi e ispirata a romanticherie mondane, quanto di un eroismo romanzato in scenari esotici; al contrario verificò l’impotenza umana di fronte alla tecnica, l’insensatezza dell’esistenza di fronte al mostruoso, al dilaniante.
Le trincee, i corpi ammassati e smembrati nel fango non concepivano una sopravvivenza, una ricompensa. Di fronte all’ignoto, di fronte all’incedere accecato del progresso, l’uomo camminava verso il precipizio privo di promesse, di aspettative e di fede.
I militi erano decomposti nel non avere nomi, visi, unicità e storie personali. Sarebbero stati componentistica industriale da depositare, una volta arrugginita, nella terra di nessuno. Per questo si è celebrato, da quel momento in poi, l’ignoto caduto.
La Seconda guerra mondiale ha concepito l’annientamento di ogni singolo essere umano. Uno per uno e uno alla volta per ricomprendere poi tutta l’umanità. Ha reso quest’idea possibile, a portata di mano.
Il peso della tecnica e l’organizzazione razionalista dell’industria hanno trasformato, già da allora, i soldati in bracci robotici. Una leva e un pulsante avrebbero potuto incendiare Dresda per veder correre migliaia di torce umane, carbonizzare in un sol istante Hiroshima, gassare milioni di costole nude, già essiccate prima di sgretolare al suolo. Come ben chiarito da Sebald fu “forma pianificata della distruzione incapace di giustificare il principio di speranza”.
Un certo silenzio intimidito di fronte all’umiliazione umana scaturita dai due conflitti fu terapeutico. Un silenzio di consapevolezza afflitta, di coscienza collettiva infartuata; la guerra diveniva fredda, rarefatta, ospedalizzata. La memoria non si poteva arricchire di racconti, di vicissitudini. I ricordi incancrenivano il presente ma allontanavano nel superstizioso o nel fantascientifico la drammaturgia sulla fine dell’umanità.
Il virtuale ha riscoperto l’attualità del tema. Tutto è possibile nella confusione allucinata del gaming. Il digitale ha reso il nichilismo indifferente e inconsapevole della lacerazione fisica, dei brandelli di carne strappati dalle ossa.
Il silenzio si è rovesciato nel rumore presuntuoso dei suoni digitali, della comunicazione cattedratica, pedante e vertiginosa. Quel brusio incontrollato di voci, mai stanche di ripetersi, indica un voler sopravvivere del tutto incorporeo, illuso e velleitario. Un riflesso condizionato mortifero.
L’orrore della Terza guerra mondiale comporterà stupefazione e impreparazione generale nel rapportarsi al reale. Scoprire che si vorrà sfuggire anche al dolore corporeo più lancinante ma non possedere più la larghezza di vedute per sopportarne gli spasimi. Così l’Occidente procede, tracotante e vanaglorioso, al valico del proprio tramonto.
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