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Dalla Metsola alla Picierno, per tacere di Ursula von der Leyen, c’è una forza timotica che spinge una buona parte del jet set politico femminile in una impavida incitazione alla guerra, a sfidare i maschi a chi è più fanatico.
Metsola, Picierno and co: patriarchi in gonnella
– Fausto Anderlini*
C’è questa Metsola, donna la cui mandibola è un programma, che ingiunge a un renitente Scholz, uomo piccolo e calvo dall’aria mansueta, di sganciare i suoi missili sulla Russia.
Mi sono domandato spesso quale sia la forza timotica che spinge una buona parte del jet set politico femminile in questa fanatica e impavida incitazione alla guerra, sino a sfidare i maschi a ‘tirare fuori i coglioni’.
Non sono poche queste donne bellicose e in Europa occupano posti di massimo rilievo, approdo vantato con orgoglio come la tappa finale del lungo percorso dell`emancipazione femminile.
Qui da noi fanno mostra la Picierno e la Quartapelle, ma la teoria delle donne coi ‘pantaloni’, peraltro fiere paladine nella lotta che vede mobilitato il `sesso debole` contro i misfatti omicidi del ‘patriarcato’, è ben nutrita.
Una clamorosa inversione rispetto a secoli se non millenni di storia, laddove le donne erano interpreti di una irriducibile resistenza all’aspetto più proprio del patriarcato maschile: la guerra. La donna era pacifista per natura.
Basta ricordare, attingendo al nostro più prossimo passato imperiale, le madri e le mogli che si sdraiavano sui binari per impedire l’invio al fronte dei figli e dei mariti coscritti, ma gli esempi sono innumerevoli.
Sempre le donne si sono opposte alla ‘Patria’ come pretesa patriarcale di disporre della vita dei figli nel nome di un potere dispotico, necrofilo quanto idealmente sublimato ed eroistico, parlando piuttosto il gergo concreto della matria, cioè in nome di una lingua accomunante, sensibile, affettuosa, familiare, che pone la vita come unico principio.
Quello che si evince in questo paradossale rovesciamento è un lato ambiguo della stessa emancipazione, un lato che già Simmel aveva posto in evidenza: non il trionfo di una visione rinnovata del mondo secondo lo specifico ‘femminile’, ma il mero adeguamento paritario ai valori contesi e più protervi dell’universo maschile.
Abbiamo così donne altolocate che sono la ripetizione parodistica del patriarcato, peraltro nevroticamente defunto. Che negano la specificità del genere cui appartengono, ben lungi dall’idea tradotta in politica di una ‘grande madre’ mediterranea che pure ha segnato la storia di eminenti personalità femminili (qui da noi dalla Iotti a Tina Anselmi).
Con l’aggravante di voler fare la guerra coi figli (peraltro scarsi) delle altre donne. Donne della cui difesa vorrebbero ergersi, in grottesca contorsione, come paladine ed emblema.
* Dalle riflessioni social di Fausto Anderlini
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