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Donna, Vita, Libertà: la lotta femminista tra resistenza, socialismo e oppressione globale

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La lotta femminista nasce nel socialismo, rifiutando ogni oppressione, inclusa quella in nome dell’antimperialismo. Dall’Iran al Kurdistan, le donne resistono contro regimi reazionari e patriarcato. Il capitalismo allea poteri fondamentalisti e laici, ma Donna, Vita, Libertà resta il grido di chi combatte.

Donna, Vita, Libertà

La giornata internazionale dell’8 marzo è stata un’invenzione delle donne del movimento operaio socialista e comunista. Non a caso l’inizio della rivoluzione russa coincise con le manifestazioni delle donne contro la guerra in quella giornata del 1917 e nel 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste fissò all’8 marzo la “Giornata internazionale della lavoratrice“.

Internazionaliste come Rosa Luxemburg o Clara Zetkin non avrebbero mai accettato alcuna giustificazione per l’oppressione e la discriminazione delle donne in nome di un presunto antimperialismo. La lotta contro l’imperialismo occidentale e le sue guerre non implica alcuna simpatia per regimi reazionari sulla base di considerazioni geopolitiche.
Il socialismo è un paradigma di liberazione.

Nella foto copertina la grande manifestazione delle donne iraniane dell’8 marzo 1979. Le donne protestarono gridando lo slogan: “Non abbiamo fatto una rivoluzione per tornare indietro!”

La manifestazione, in occasione della Giornata internazionale della donna, avvenne poco dopo l’annuncio di una legge che rendeva obbligatorio l’uso dell’hijab. Dopo il suo ritorno dall’esilio Khomeini annunciò il 7 marzo che le donne impiegate negli uffici governativi avrebbero dovuto indossare l’hijab islamico. Questo era contrario alle affermazioni degli islamisti politici prima della rivoluzione.

L’8 marzo, alle donne senza hijab fu impedito di entrare nei loro luoghi di lavoro. Alcune donne che lavoravano al Ministero degli Affari Esteri si riunirono quindi per protestare e circa ottomila donne si radunarono anche all’Università di Teheran.

Nel 1979 settori della sinistra occidentale, e intellettuali ossessionati dalla pulsione a liberarsi dell’universalismo proprio della tradizione marxista, simpatizzarono con Khomeini in nome dell’anticolonialismo, dell’antimperialismo, della critica della cultura occidentale o del comunismo sovietico. Fu un grave errore visto che nel giro di poco tempo la sinistra marxista e i settori laici e progressisti della società subirono una violentissima repressione.

Questa mia nota non ha nulla a che fare con la propaganda USA e di Israele che da anni prepara una guerra contro l’Iran a cui noi ci opponiamo.

Anche in questo caso l’imperialismo occidentale non può dare molte lezioni. Fin dai tempi del colonialismo britannico l’Islam più reazionario è stato usato per sbarrare la strada all’emergere di forze modernizzatrici autonome. Per fare un esempio in Afghanistan come racconta Vijay Prashad.

Le petromonarchie fondamentaliste dell’Arabia Saudita e del Golfo Persico sono tutte creazioni del colonialismo inglese.

Successivamente durante la guerra fredda l’Islam è stato mobilitato contro le forze di ispirazione marxista. Basti ricordare il massacro di un milione di comunisti in Indonesia nel 1965 in cui furono forniti dalla CIA a militari e islamisti gli elenchi di atei infedeli da sterminare.

Non bisogna poi dimenticare che in Medio Oriente e in generale nel mondo musulmano gli Stati Uniti e Israele hanno sostenuto l’Islam politico contro la diffusione di movimenti laici e di sinistra.

Sul ruolo dell’Islam politico alleato dell’imperialismo meritano sempre di essere riletti i testi di Samir Amin: L’islam politico è solubile nella democrazia? (2013) e Sconfiggere l’Islam politico e l’imperialismo (2019).

Il movimento di liberazione palestinese ha avuto sempre una forte caratterizzazione laica e un grande protagonismo delle donne. Proprio per questo Israele alle origini sostenne in varie maniere la Fratellanza Musulmana e Hamas per contrastare l’OLP. E più di recente i governi Netanyahu hanno ripreso indirettamente questa pratica consentendo aiuti dal Qatar al fine di dividere il popolo palestinese.

In una riunione del suo partito Netanyahu disse, all’inizio del 2018, che “coloro che si oppongono a uno Stato palestinese dovrebbero sostenere il trasferimento di fondi a Gaza, perché mantenendo la separazione tra l’Autorità Palestinese in Cisgiordania e Hamas a Gaza impedirebbero la creazione di uno Stato palestinese”, come ha riferito The Times Of Israel dopo il 7 ottobre in un articolo intitolato “Per anni Netanyahu ha sostenuto Hamas. Ora ci è esploso in faccia”.  (Non è compito di questa nota l’analisi di Hamas come movimento di resistenza).

Ovviamente va rifiutata la strumentalizzazione dei diritti lgbtqi o del femminismo per giustificare il genocidio a Gaza e l’occupazione illegale dei territori palestinesi da parte di Israele. Questo tentativo rientra in una lunga storia di crimini coloniali giustificati con la presunta missione civilizzatrice dell’Occidente».

Quanto ho scritto non riguarda solo l’Islam e l’islamofobia oggi è una delle più diffuse forme di razzismo da contrastare.

In tutti i paesi del mondo si assiste a un risorgere con i fascismi della strumentalizzazione politica di movimenti religiosi fondamentalisti, reazionari, oscurantisti, neotradizionalisti, settari, sessisti che forniscono una base di consenso a forze iperliberiste.

Dagli USA a Bolsonaro in Brasile e Milei in Argentina, dalla Russia all’Ucraina e Israele, fino all’Europa e all’India, in varie versioni questa è una caratteristica delle destre su scala globale.

In questo otto marzo va ricordato che il movimento del popolo curdo, grazie al suo Nelson Mandela Abdullah Ocalan detenuto dal 1999 nell’isola carcere di Imrali, ha mantenuto una caratterizzazione maggioritaria laica e di ispirazione socialista e soprattutto ha posto la liberazione delle donne al centro del suo progetto politico-culturale di confederalismo democratico. Non è un caso che lo slogan “donna, vita, libertà” a partire dal Kurdistan si sia diffuso non solo nelle strade dell’Iran ma in tutto il mondo.

Il compagno Ocalan ha mandato un messaggio in questa giornata che tra l’altro dice:
«Come dimostra il marxismo, il raggiungimento del socialismo non sarà possibile a meno che la nuova era non distrugga la cultura dominata dagli uomini profondamente radicata nella società. Il socialismo può essere raggiunto attraverso la liberazione delle donne. Non si può essere socialisti senza la libertà delle donne. Non può esserci socialismo. Non si può andare per il socialismo senza democrazia. La mia prima prova del socialismo è sapere come parlare a una donna. Chi non sa come parlare a una donna non può essere un socialista. Il socialismo di un uomo è correlato al modo in cui si relaziona a una donna.»
(Ancora da Kulturjam)

Rifondazione Comunista è stato il primo partito comunista a inserire nel proprio statuto un articolo che dichiara che le/i comuniste/i «perseguono il superamento del capitalismo e del patriarcato». La cosa era molto piaciuta alla nostra compagna partigiana Lidia Menapace che non si stancava mai di ripetere: «non riconosco legittimità di dichiararsi comunista a chi ignora il femminismo». Lidia sottolineava che «il proletariato mondiale è composto da quasi tutte le donne del mondo, e da molti uomini sfruttati: il movimento reale che muta lo stato di cose presenti non può essere reale se non riconosce questa analisi e non costruisce una cultura politica complessa, e destinata a restare tale, cioè a non subire processi di riduzione della complessità e di “sintesi” che alla fine si concludono con l’unico dio o padre o capo, maschio o similmaschio (cioé donna emancipata e maschilizzata)».

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Maurizio Acerbo
Maurizio Acerbo
Segretario nazionale di Rifondazione Comunista- Sinistra Europea. Attivista, agitatore culturale. Comunista democratico, libertario e ambientalista. Marxista psichedelico.

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