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Una delle cose più misteriose della nostra storia rimane come sia stato possibile passare dall’Ardipithecus (un antenato dell’Australopiteco) all’energia nucleare, al teatro no e alle piramidi maya in circa 5 milioni e mezzo di anni.
Dall’Ardipithecus alle società di capitali
Sembra un tempo lunghissimo, ma se pensate che la Terra si è formata tra i 4 e i 5 miliardi di anni fa, capite bene che concentrare un salto biologico, sociale, culturale, tecnologico così grande è incredibile.
Tralasciando il dettaglio della comparsa della vita, ancora più misterioso e controverso. Abbiamo datato LUCA (Last Universal Common Ancestor – Ultimo antenato comune) – l’antenato di tutto ciò che è vivo: dai batteri che vi mangeranno da morti, le fragole del dessert, voi stessi, i vostri animali domestici, l’amante di vostro marito, ecc. – a 3,5 miliardi di anni fa (circa).
Il viaggio della vita e ancora di più della vita intelligente su questo pianeta è assurdo (nel senso che gli darebbe Camus) e miracoloso (in un senso medievale).
Capire come siamo passati dall’essere una scimmia terricola (ardipithecus, letteralmente) di una regione dell’Etiopia all’essere una specie tecnologica ad altissima complessità sociale è un dilemma filosofico, prima che scientifico.
La nostra è una specie razionale, cognitiva, siamo stati educati (specie in Occidente) a contrapporre animali e uomini, natura e cultura. Nulla di più falso, non solo l’uomo è animale (e ne ha tutte le caratteristiche), ma è il risultato di un percorso evolutivo caotico tra mille svincoli possibili.
La lettura comune di Darwin è che sopravviva il migliore, ma questa è una distorsione positivista. Sopravvive “il migliore” in relazione alle circostanze, quindi “il più adatto”.
Alcune caratteristiche che noi (nel nostro contesto) valutiamo come migliori non è detto che siano dei vantaggi assoluti.
Questo spiega perché la vita (faccio un po’ metafisica personalizzandola) non tende verso il meglio, ma tende a differenziarsi. I geni di LUCA hanno creato i conigli nani e i nazisti, i biondi e i mori, gli omosessuali e quelli a cui non piace il riso, gli alti un metro e ottanta e quelli bravi in matematica, perché lo scopo finale è far sopravvivere quel patrimonio genetico differenziandolo il più possibile e ponendolo se necessario in competizione (competizione che poi a uno sguardo semi-esterno ci sembra collaborazione/equilibrio nella catena alimentare).
Il nostro cervello svolge funzioni tanto cognitive, quanto emotive. Lo vediamo nel dilemma del carrello.
Su un binario è presente un carrello; il carrello contiene cinque persone; questo carrello è lanciato verso un burrone; per fermarlo dovete spingere una persona sovrappeso sul binario; non potete buttarvi voi, perché siete troppo leggeri; o spingete l’altro o muoiono i cinque sul carrello; che fate
Sembra che chi decide di salvare il singolo risponda prima e attivi aree emotive del cervello, mentre chi decide di salvare il carrello ragioni più a lungo e attivi aree legate alle scelte logiche.
Trattandosi di un dilemma non esiste una risposta esatta, è legata alle scelte di ciascuno.
A dispetto delle teorie che vedono l’uomo come cattivo, dominato da geni egoisti o costretto a convivere dal “contratto sociale”, sembra che come specie nasciamo in contesti collaborativi e che lo sviluppo di un’area emotiva e di un’area cognitiva per elaborare in step diversi problematiche complesse sia proprio dato dalla vita comunitaria.
A tenerci insieme non è il terrore, ma i neuroni specchio e la comprensione dei volti altrui
Mi spiace qui generalizzare e usare il termine “madre”, ma la maggior parte degli studi sono stati condotti su “madri”. Sin dai primi attimi di vita il bambino risponde a un bisogno innato di cercare un contatto con un altro essere umano, il bambino riconosce la voce materna, in pochi mesi differenzierà (e risponderà diversamente) ai fonemi della lingua materna da quelli di qualsiasi altra lingua al mondo.
Abbiamo notato una ereditarietà psicologica (e alcuni studi hanno ipotizzato un’influenza sulla lunghezza dei telomeri, quindi una roba che impatta su salute e longevità) dei traumi.
L’idea del bambino in gravidanza è focale (abbiamo un catalogo di studi al riguardo) per capire lo stile di attaccamento materno. Uno studio condotto su donne in gravidanza, durante un lungo black out in Canada ha dimostrato che i figli ebbero da adulti maggiori complicanze cardiovascolari.
La mentalizzazione del bambino (cioè la capacità di interpretarne i bisogni, accoglierne i sentimenti e restituirli elaborati) è centrale per la capacità del bambino di costruire un Io stabile in grado di riflettere sulle proprie emozioni (abbiamo notato ereditarietà: spesso lo stile che la madre attua è quello che a sua volta ha ricevuto dalla nonna).
Siamo una specie sociale, collaborativa, che punta alla diversificazione genetica, culturale per aumentare le possibilità di sopravvivere. Persino scelte come il celibato assumono senso, non puntiamo a sopravvivere singolarmente, ma come comunità.
Il sistema socio-storico capitalista ha sicuramente una sua utilità altrimenti non sarebbe sorto (soprattutto non in modo così diffuso): non possiamo non notare come oggi in tutto il mondo si viva di più e meglio di 5000 anni fa, non è questo il nodo.
Mi domando, però, se con l’attuale capacità tecnologica – molto diversa da quella di 5000 o di 300 anni fa – il capitalismo rimanga la risposta più razionale per la sopravvivenza.
Mi chiedo se il nostro spirito collaborativo non ci stia facendo finire vittima (come specie) di pochi elementi anti-sociali che grazie al loro individualismo riescono ad arrivare nei posti di comando.
Stiamo lasciando la gestione del mondo agli psicopatici?
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