O’presepe, Maradona e il Caffè Chantant, il Monastero di Santa Chiara e il tesoro di San Gennaro. Certo, per fortuna non c’era Gomorra, però in Stanotte a…Napoli un approfondimento sulla pizza e il mandolino potevano anche aggiungerlo…
L’opportunismo demagogico non è quello di Alberto Angela, la sua non è una missione, semplicemente un lavoro per cui è pagato, e lo fa bene. Ma è quello di chi lo precede, (la Rai non brilla certo per purezza d’intenti da decenni), e quello di chi segue a ruota dopo, come i commenti della politica.
Stanotte a…Napoli, nessuna fiaba
Ha fatto registrare un vero e proprio boom di ascolti in tv l’ultima puntata del programma di Alberto Angela, Stanotte a… dedicata a Napoli. Una vera e propria ovazione web.
Mentre ancora il programma era in onda già si contavano oltre quarantamila likes, 3.300 commenti, più di ottomila condivisioni sul profilo del popolare divulgatore scientifico della prima rete Rai.
L’immagine di Napoli dipinta da Angela ha ricevuto elogi anche dal mondo della politica cittadina:
“Il programma Stanotte a Napoli – scriveva qualche giorno fa il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi – è un grande dono di Alberto Angela e della Rai alla nostra città, ma anche un regalo a tutto il Paese. È un segnale bellissimo, di ripartenza, fiducia e bellezza. L’Italia deve credere in una città come la nostra che conserva grandi tradizioni, ma dotata anche di un potenziale inimmaginabile altrove. Grazie ancora una volta ad Alberto, vero amico di Napoli”.
Ma ecco, da bastian contrari, qualche perplessità invece vogliamo sollevarla: come bisogna porsi davanti a certe operazioni?
Ovvero, nel degrado della programmazione generalista della tv, bisogna gridare al miracolo ogni volta che qualcuno osa alzare appena l’asticella, distaccandosi dalla mediocrità imperante, oppure si può avere la libertà di essere critici intervenendo sull’oggetto in essere e non sul contesto?
E sullo specifico dei contenuti, venendo a “Stanotte a…” è proprio questa la favola di Napoli che vogliamo raccontare?

Ha scritto l’amico Mario Colella, che spesso impreziosisce il nostro magazine con le sue perle:
“Una cosa che sinceramente non capisco è perché i napoletani debbano ringraziare Alberto Angela. Ok, ha fatto una cosa bellissima, ma mi chiedo, quando la farà su Perugia, i perugini pure lo ringrazieranno? Non credo. Non per vanto, ma noi abbiamo avuto qui, tra gli altri, Goethe. Qualcuno lo ha ringraziato? E a Giacomino Leopardi, che gli abbiamo pure fatto prendere un bel po’ di collera? Diciamola tutta, questo fatto del ringraziamento è un pò provinciale. Ma poi, a dirla senza peli sulla lingua, visto che nella Napoli di Angela c’erano i monumenti ma mancava la gente (il paradiso abitato da diavoli è più paradisiaco senza), ad uso del medio nordista, ma anche di molti napoletani bravi e buoni – il napoletano, nei media, o fa il pazzariello alla Alessandro Siani o il gomorroide, oppure, si saranno detti, meglio non metterlo proprio -, lo ringrazino i monumenti di Napoli.”
Ma torniamo alla domanda precedente, è proprio questa la favola di Napoli che vogliamo raccontare? A questo risponde la poesia civile di Stanislav Kolja, il nostro amico intellettuale sovietico partenopeo, scritta di getto dopo la visione del programma di Alberto Angela:
Io non la voglio questa favola di Napoli
Come un sardo non vuole il racconto romantico delle sue pecore
Come un arabo non ama le meraviglie di Sciarazade
Un africano quando gli parlano della grandiosità dei paesaggi verdi della Namibia
Come un tibetano non esalta i suoi santuari
Io voglio la gente che vede il futuro
Non che visiti tombe pensando che i morti risorgano
Non c’è alcuna speranza mentre pigliamme ‘o cafè.
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