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Constantin Brancusi è stato uno dei più importanti ed influenti scultori del ‘900. La sua “Scultura per ciechi” costituisce una modalità del percepire e dell’accostare l’arte che deve passare per l’accecamento, il silenzio e la cancellazione per produrre del nuovo anche nella sua comprensione.
Brancusi e la scultura per ciechi
Per definire l’opera di Brancusi non esiste aneddoto migliore di quello relativo alla controversia che l’artista ebbe con le autorità americane quando nel 1926 arrivò a New York portando con se le sue opere. Fin dal 1913 la legislazione americana esonerava dai diritti di dogana qualsiasi oggetto avesse lo statuto di opera d’arte.
La legge precisava che le sculture dovevano essere intagliate o lo modellate, a imitazione di modelli naturali e averne anche le proporzioni. Secondo una definizione più ampia del 1922, le sculture statue dovevano essere originali, non essere stato oggetto di più di due copie riproduzioni, dovevano essere state prodotte unicamente da scultori professionisti, intagliate o scolpite, in ogni caso lavorate a mano colate nel bronzo ho in qualsiasi altro metallo o lega e realizzate a titolo esclusivo di produzioni professionali di scultori, e le parole pittura, scultura e statua non dovevano essere interpretate come inclusive di oggetti utilitari13.
Se oggi queste considerazioni fanno sorridere, soprattutto riguardo alla persona e all’opera di Brancusi, l’esito del dibattito era meno evidente nel 1927. Fin dalla sua prima esposizione a New York nel 1913 all’Armory show la scultura di Brancusi aveva ricevuto anche apprezzamenti incongrui come un “uovo sorto su un pezzo di zucchero” o “un tubo di scolo accoppiato a una cotta di maglia”, tanto si distaccava dall’estetica comunemente ammessa. Il suo radicalismo non convinceva tutti.

The Armory Show, 1913. “gruppo mobile” di Brancusi a sinistra con Mademoiselle Pogany alla ribalta.
Anche il processo del 1927-28 è un momento esemplare del suo tentativo di dibattere davanti alla corte di giustizia di questioni essenziali: quali i criteri per giudicare la nozione di opera d’arte, da cosa si riconosce un’artista, chi è giudice in materia. Da questa diatriba si aprì nel 1923 è il più famoso processo intorno alla definizione d’opera d’arte: Brancusi contro gli Stati Uniti.
Non fu né il primo nell’ultimo disguido che l’artista ebbe con le dogane americane. Il più astratto degli scultori figurativi era paradossalmente molto apprezzato negli Stati Uniti. Avvenne così che nell’ottobre del 1926, in occasione dell’invio di una ventina di sculture a New York per la sua esposizione personale alla galleria Brummer, tutto il carico, accompagnato da Marcel Duchamp, venne fermato alla dogana.
A Brancusi fu ordinato di pagare $ 4000, ovvero il 40% del valore dichiarato dell’insieme. Grazie all’intervento di personaggi influenti, un visto di transito venne loro accordato. Soltanto le opere vendute sarebbero state tassate sul valore della materia bruta ossia metallo e pietra, il che significava molto chiaramente che lo statuto di opere d’arte non fu loro riconosciuto. Ma veniamo a noi, la scultura per ciechi14 è una delle opere meno note, o comunque meno commentate, di Brancusi. Eppure intorno ad essa ruotano questioni importanti e tuttora aperte.
La prima versione della scultura, in marmo, è datata al 1916 e venne presentata Indipendent’s Exibition a New York l’anno seguente. Una seconda versione è attribuita al 1925, è in alabastro e fu presentata prima al Salon des Indépendents di Parigi nel 1926 e poi alla galleria Brummer di NewY ork nel 1933; ora è nell’atelier Brancusi a Parigi. Una testimonianza afferma che all’Indipendent’s Exibition di New York era stata presentata chiusa in un sacco, con due “maniche-buchi” per passarvi le mani.
Fu una rivelazione per le mani, indipendente dall’occhio benché la maggior parte delle persone credette allora che si trattasse di uno scherzo15. Purtroppo nessun altro testimone della mostra e degli eventi di allora ha lasciato ricordi né in un senso né in un altro. La situazione è storicamente sospesa, e per questo quasi per niente ripresa e pochissimo commentata, L’introduzione della tattilità era una novità di rilievo in quegli anni, nonché una questione aperta tra dadaisti e futuristi per la rivendicazione del primato. La scultura per ciechi era contemporanea al gesso da toccare della Clifford-Williams, esposto nella galleria newyorkese di Marius de Zayas nel 1916.
Apollinaire ne aveva parlato diverse volte nelle sue recensioni dopo aver visto la sua riproduzione sulla rivista Rong wrong. Questi sono gli antecedenti che furono utilizzati da Picabia per contestare a Marinetti l’invenzione del tattilismo senza però fare alcun cenno all’opera specifica della Clifford-Williams.
Il tema della cecità ricorre anche in The Blindman. Quest’opera riafferma, in un certo senso, il rifiuto della retinicità della pittura, cioè di quella pittura che si ferma alla retina, alla vista, e non raggiunge la mente, il cervello, la profondità. Nel 1922 l’avvocato e suo maggiore collezionista, John Quinn, compera la Scultura per ciechi.
Brancusi, in segno di amicizia, gli regala anche la mano, scolpita nel 1920.L’accostamento è significativo. Come la scultura per ciechi anche la mano è una scultura liscia appena modellata e senza incisioni sulla superficie. È una delle poche sculture che non ha avuto repliche, versioni diverse o sviluppi espliciti, se non all’interno di una serie di opere incentrate sul tema delle “mani che sostengono teste” o in sculture come le Muse e le Mademoiselles Pogany.

Brancusi amava accarezzare le proprie sculture ad occhi chiusi, mettendosi nei panni di un ideale fruitore cieco, ma allo stesso tempo manteneva anche il ruolo di artista che concepisce, percepisce e fa l’opera da cieco. È qui in gioco forse un altro aspetto della sua opera che ruota intorno alla Scultura per ciechi. Si allude alla sua tendenza che pare netta e generale verso l’astrazione, verso una progressiva epurazione della forma, di cui la Scultura per ciechi è il momento più compiuto.
In essa ciò che colpisce è l’assenza di forma, l’eliminazione di qualsiasi riferimento anatomico, ovoide liscio che coincide con se stesso, con la sua percezione, ricongiungendo anche in questo modo inizio e fine. È la risposta che Brancusi dà all’astrattismo o meglio ne è la sua versione.
L’astrazione sarebbe per lui l’arte per i ciechi, arte della cecità e cioè per un’altra visione che va oltre la vista, che va al di là della sua retinicità, e di cui l’oscurità e il tatto sono il supplemento percettivo e la chiave interpretativa.
La scultura di Brancusi sta in gran parte qui: l’oggetto e lo spazio, come l’oggetto sta nello spazio e come lo spazio si mostra attraverso l’oggetto: dentro e fuori, superficie e volume. Occorre chiudere gli occhi, essere un po’ ciechi, per sentire la scultura e permetterle di agire in questo modo

Bibliografia
- Constantin Brancusi, a cura di E. Grazioli, Riga 19, Milano, 2001, pp.35-38. 82
- Idem, pp.325-333.
- Rochè H.,Notice sur le <<Commencement du Monde>> de Brancusi (1955), ora in. Èncrits sur l’art, André Dimanche, Parigi, 1998, p.129.
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