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La nuova Biancaneve torna al cinema, ma ce n’era davvero bisogno?

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Il remake live-action di Biancaneve, con le modifiche “contro gli stereotipi” che hanno eliminato i nani, e il dibattito culturale, hanno diviso il pubblico. Nonostante il buon impatto visivo, la strategia dei remake Disney sembra rivelare una notevole pigrizia creativa.

La nuova Biancaneve

Il 20 marzo 2025 è arrivato nelle sale il remake live-action di Biancaneve, l’ultimo capitolo della strategia Disney di rivisitare i suoi classici animati.

A pochi giorni dall’uscita, i numeri al botteghino disegnano un quadro contrastante. In Italia, il film ha debuttato con forza: 3,8 milioni di euro incassati in 4 giorni, oltre 509.000 spettatori e una domenica da 1,5 milioni che lo ha consacrato leader della classifica.

Un risultato che suggerisce un’accoglienza calorosa, forse trainata dalla curiosità e dall’appeal visivo di una produzione così ambiziosa. Altrove, però, la musica cambia.

Negli Stati Uniti, l’apertura da 43 milioni di dollari è stata inferiore alle proiezioni iniziali (tra i 50 e i 70 milioni), con un calo preoccupante già nel weekend. A livello globale, gli 87 milioni incassati sono poca cosa rispetto a un budget stimato tra 250 e 270 milioni, esclusi i costi di marketing. Per rientrare nelle spese e generare profitto, servirebbero almeno 500-600 milioni: un obiettivo che, al momento, appare lontano.

Cosa sta succedendo? Una delle chiavi potrebbe essere l’impronta cosiddetta “woke” del film, un tema che ha scatenato dibattiti ben prima dell’uscita.

La Disney ha scelto di reinterpretare Biancaneve in una veste moderna: Rachel Zegler, attrice di origini colombiane, dà il volto a una principessa diversa dall’icona pallida e dalle guance rosse del 1937.

I sette nani? Non ci sono più, sostituiti da “esseri magici” per evitare stereotipi. E poi ci sono le dichiarazioni della Zegler, che ha definito il Principe Azzurro uno “stalker” e ha sottolineato come la nuova Biancaneve non abbia bisogno di essere salvata da un uomo.

Scelte che mirano a un messaggio di inclusività e indipendenza, ma che hanno fatto storcere il naso a molti fan della favola originale.

Negli Stati Uniti, dove la cultura cinematografica è spesso terreno di scontro politico, il film ha diviso il pubblico. Da una parte, chi apprezza il tentativo di rendere la storia più attuale e rappresentativa; dall’altra, chi vede in queste modifiche una forzatura, un tradimento dello spirito semplice e senza tempo del classico Disney.

Le recensioni riflettono questa spaccatura: su Rotten Tomatoes, il gradimento critico si ferma al 58%, mentre quello del pubblico crolla al 42%. Alcuni criticano una narrazione che sembra più interessata a fare politica che a raccontare una storia, altri lamentano la perdita della magia che aveva reso Biancaneve un’icona.

In Italia, invece, il dibattito “woke” sembra avere meno peso. Qui il pubblico pare più disposto a perdonare le libertà creative, premiando il film per il suo impatto visivo e il richiamo nostalgico. Ma anche con un buon avvio, il successo globale resta in bilico, schiacciato dalla concorrenza e da una promozione che non ha saputo scaldare i cuori.

E qui sorge la domanda più grande: era davvero necessario rifare Biancaneve? Con un budget così imponente, la Disney avrebbe potuto investire in una storia originale, magari con una protagonista forte e moderna che non avesse bisogno di appoggiarsi a un nome già noto.

Pensiamo a Encanto o Vaiana di Oceania (Moana negli States): film che hanno conquistato il pubblico con universi nuovi, personaggi memorabili e messaggi attuali, senza toccare i classici.

Questo Biancaneve, invece, sembra un compromesso scomodo: troppo distante dall’originale per accontentare i nostalgici, non abbastanza audace per soddisfare chi cerca una vera rivoluzione narrativa.

Forse il problema sta nella strategia stessa della Disney, che da anni punta sui remake live-action (Il Re Leone, La Sirenetta, Aladdin) con risultati altalenanti. È una formula che garantisce un pubblico garantito, ma che rischia di rivelare una certa pigrizia creativa o paura di osare.

Perché non puntare su un’avventura inedita? Una favola moderna, con un’eroina che non deve dimostrare nulla rispetto al passato, potrebbe essere la svolta che il pubblico aspetta. In fondo, la forza della Disney è sempre stata la fantasia, non solo rispolverarla.

Una cosa è certa: questo Biancaneve sta facendo parlare di sé, nel bene e nel male. Ma forse, più che dividerci su un classico rivisitato, dovremmo chiederci cosa vogliamo davvero dal cinema di domani.

A mio modesto parere l’originalità paga sempre e se non riesci ad essere originale con 270 milioni di budget qualche domanda devi cominciare a fartela.

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Enrico Zerbo
Enrico Zerbo
Ligure, ama i gatti, la buona cucina e le belle donne. L'ordine di classifica è a caso. Come molte cose della vita. Antifascista ed incensurato.

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