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sabato, Luglio 12, 2025
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L’insopportabile retorica di Saviano sullo scudetto del Napoli

Saviano si fa voce della borghesia inconcludente parlando della riscossa di Napoli contro i poteri forti e del riscatto, riproponendo un quadro immobile nel tempo che non coglie alcun aggancio con la realtà.

Saviano e lo scudetto del Napoli

La retorica di Saviano è insopportabile. Quella sullo scudetto del riscatto, di più. Perché disconosce di fatto tutta la fatica, la determinazione, la pazienza che ci sono dietro ad un successo.

Se il Napoli avesse creduto a Saviano quando diceva che non ce l’avrebbero fatto vincere, non avrebbe dovuto investire in progettualità, idee, uomini. Ma peggio ancora è seguire Saviano nell’idea della riscossa di Napoli contro i poteri forti.

È vero che questo è un successo che da fastidio a molti, non è vero che è un successo di una banda di straccioni contro forti gruppi industriali. In primis, perché gli straccioni si sono fatti imprenditori, e no, non è la solita borghesia inconcludente di Napoli ma il popolo dei Quartieri Spagnoli, in parte prossimo fino a ieri a quella mala vita che Saviano ha a parole combattuto e che oggi capisce che certe attività possono essere proficue quanto quelle illegali di un tempo ma senza il rischio della galera.

L’attendevamo, questa Napoli che si riconverte non in base ai pippotti moral-legalitari ma per effetto di cose assai concrete e di una maturazione della sua gente, quella che abita le sue viscere: è arrivata, anche contro chi cercava di spegnere ogni speranza con una narrazione tutta focalizzata su un aspetto. Oggi tutto questo è poco ma non nulla.

I famosi gruppi industriali del nord sono in crisi da un po’ e per questo, più che mai, si può aver bisogno di Napoli e del sud. Ma servono politica e cultura. Il progetto. Un De Laurentiis non basta. E ci vuole tempo perché da ciò che sta nascendo venga fuori una vera élite.

C’è pure chi rema contro, in città. Forse neppure consapevolmente ma per assenza di idee (al netto di pochi, mai del tutto riconosciuti). Non si può fare a meno di comprare il giornale della città e deprimersi di fronte alla banalità del titolo “Canta Napoli”. E si prosegue con lo scoramento leggendo Saviano. Infine si medita il suicidio pensando allo spazio appaltato a un De Giovanni. Possibile non ci siano altre voci?

Io credo ci siano. Anche tra i più giovani, ragazzi che hanno studiato, che si informano, che viaggiano e sanno come si vive altrove, che sanno distinguere, che ripudiano i manicheismi, che hanno ironia, che non hanno nessuna voglia di andar via ma, se vanno, pensano a ritornare e comunque, anche da fuori, guardano alla città con amore, che conoscono meglio di noi la storia di Maradona ma oggi piangono con Kvara, che sanno che a Napoli, prima di Spalletti, da Certaldo era venuto tal Boccaccio, dunque che la storia non finisce, che non si deprimono e che hanno voglia di vivere più che di moralizzare.

Ce la faranno a prendere il potere nonostante chi quel potere, nei giornali, nella politica, ce l’ha? Lo spero. Io sono con loro.

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Mario Colella
Mario Colella
Garibaldino

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