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venerdì, Luglio 11, 2025
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L’interista esistenzialista: il mediocre codice binario dei nerazzurri in campionato

01011101: potrebbe essere un codice binario. Chi volesse farci un figurone durante una cena dove è presente la ragazza su cui si vuole fare colpo, potrebbe – in simulata sicumera – convertirlo in numero decimale, che, per la cronaca, è pari a novantatrè.

Dopodichè porterebbe a casa il tanto bramato trofeo e se ne vanterebbe per tutta la vita o quasi. Invece, a ben guardare e se sei un Interista, quella serie di numeretti non ha nessuna valenza di cui valga la pena fregiarsi. Semmai dolersene.

Se li metti in verticale e in fila per due è tutto più drammaticamente chiaro: sono i quattro ultimi risultati dell’Inter in campionato. Quello che fa meno male è l’1-1 di Salerno, ed è tutto dire, rispetto agli altri tre che sono tutti 0-1 (Juve, Fiorentina e Monza) fatti in casa, come la pasta della domenica ma molto più indigesta.

Immagina San Siro che da lassù tira giù madonne e santi manco fossero presi dall’elenco telefonico, con il suo praticello diventato malinconicamente terreno di conquista per qualsiasi strampalata armata si presenti nel weekend.

Sabato scorso è stata la volta del Monza, terzo zero a uno di seguito, tre sconfitte interne a fronte di nessun – dico nessun – gol messo a segno. I cronisti sportivi sono andati zelantemente a spulciare negli albi, subodorando primati: hanno scoperto, come se ci fosse urgenza, che l’Inter non tesseva una serie così fallimentare da… sempre. So’ soddisfazioni!

Soddisfazioni che potrebbero non essere terminate: c’è da perseguire quello delle 14 sconfitte subite nella stessa stagione. Record che non è poi troppo lontano, visto che a otto giornate dalla fine del campionato siamo già a quota 11, hai visto mai? Tornando seri ma non troppo, andrebbe sottolineato che l’andamento del club sarebbe preoccupante se non fosse che la pratica “permanenza in serie A” sia già stata risolta nel girone d’andata.

E insomma, neanche il tempo di tornare da Lisbona con uno scintillante risultato e un altrettanto scintillante prestazione, che l’Inter si è risistemata sul lettino dello psicoterapeuta. Come può succedere che la stessa squadra passi dal dominare il Benfica al soggiacere al possesso palla del Monza? Può succedere intanto perché se scegli di scendere in campo con un uomo in meno un pochettino te la sei cercata.

Quello di Inzaghi che continua a schierare Correa va senz’altro classificato sotto la voce “accanimento terapeutico”. Cosa il coach veda durante le sedute di allenamento è un mistero: probabilmente l’argentino in quelle occasioni fa numeri strabilianti, tiene il campo con sicurezza invidiabile, dispensa giocate che illuminano il gioco di squadra. Dando quindi per scontato che il ragazzo non sia afflitto dalla mancanza di tecnica e atletica, resta da capire perché non sia in grado di riversare sul campo quelle capacità che l’allenatore gli riconosce.

Forse il problema sta nel fatto che in allenamento non c’è la pressione del risultato, uno osa l’osabile che tanto i fischi non arrivano dagli spalti vuoti? E quindi sfodera perfomances formidabili che convincono l’allenatore a buttarti nella mischia. Ci sta, ma quello che ci si chiede è per quanto tempo ancora quello stesso allenatore riterrà che prima o poi il Correa quella pressione smetterà di soffrirla. Sarà il caso che si dia un limite temporale? Mica per niente: è che intanto il quel fatidico quarto posto si sta inesorabilmente allontanando.

Assunto che la scelta di schierare dall’inizio Correa fosse improvvida, la vicenda sul campo si è srotolata di conseguenza. L’Inter si è consegnata docilmente al carnefice di turno, indugiando sul solito sterile possesso palla. Solo ancor più lento del solito, nella convinzione che prima o poi il pertugio giusto si sarebbe aperto.

Al ritmo impresso alla partita da Asslani, Dumfries e Gosens ci sarebbero voluti giorni per trovarlo, quel pertugio. Purtroppo però le partite durano solo novanta minuti e te li devi far bastare. Già al quarantacinquesimo con poche emozioni da registrare sotto la porta monzese, l’idea di come sarebbe terminato il secondo tempo era ormai chiaro a tutti.

Nella grigia banalità che a volte contorna i fatti calcistici, non poteva essere diversamente che il gol del Monza, scaturito da un calcio d’angolo ottenuto in una delle sue rarissime sortite, lo segnasse un ex. Il Carneade Caldirola ha dovuto solo mettere il timbro su una pratica già scritta da tempo. A nulla sarebbero servita la residua dozzina di minuti a raddrizzare la rotta, le uniche facce che esprimevano la voglia di ribellarsi all’ineluttabile erano quelle di Barella e Lukaku. Tutte le altre, dal disastroso Bastoni all’inconcludente Gosens, dal sempre utile ma pur sempre umano Darmian a allo sciupone Dzeko, dal troppo frenetico Brozovic al normalizzato Mhkitarian mostravano tutti la faccia della rassegnazione.

Detto il peggio che si potesse su Correa, non è che i suoi colleghi di reparto potessero vantare poi quella certa preferibilità. Lautaro nell’unica palla giocabile che gli è pervenuta non ha mostrato l’istinto da killer ma piuttosto quello del cannibale, centrando in pieno il non trascendentale Di Gregorio.

A proposito di portieri, ieri Inzaghi ha rimarcato come i migliori avversari dell’Inter fino a quel momento fossero stati proprio i portieri delle loro squadre. Ma è miserevole lamentela: se il portiere arriva a prendere una palla difficile è perché – appunto – era difficile, non impossibile. E se un tiro è parabile, è perché chi lo ha scoccato lo ha indirizzato male o con poca forza.

Inutile invocare la sfortuna – che pure c’è stata – se i tuoi attaccanti affrontano tutti insieme e con eguale intensità, una crisi irrisolvibile fatta di digiuno di mesi. L’Inter di lunedì 17/04/2023 si sveglia al quinto posto, distante solo due punti dal quarto posto.

Nulla è ancora perduto e pur ammettendo che il calendario non la favorisce di certo, sarebbe sbagliato non crederci ancora. Intanto in settimana si rialzerà dal lettino dello specialista per tornare sul campo più amico, quello della Champions League, dove sarà determinante non considerare la pratica già archiviata. C’è da scommettere che vedremo un’Inter diversa se non altro perché per i giocatori alla fine è gente semplice: la risicata possibilità di una vittoria in Champions League è preminente su quella di un realistico, semplice piazzamento in campionato.

Una cosa sono gli obbiettivi della squadra che sono di carattere soprattutto tecnico, altri quelli della società, di carattere smaccatamente economico. Chi ha solo giocato un po’ a pallone lo sa: secondo, terzo, quarto o…settimo, se non puoi vincere, non fa alcuna differenza. Probabilmente la differenza tra le prestazioni europee e quelle casalinghe sta tutta qua.

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Filippo De Fazio
Filippo De Fazio
Meridionale ma anche settentrionale. Sono lettore incallito e compulsivo, grafomane della vecchia scuola, ex calciatore dagli esiti disastrosi.

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