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In lode dei commissari tecnici, ultimi statisti credibili in un paese di ex cognati e porte automatiche

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Il Paese ignora referendum e crisi, ma si infiamma per la sconfitta della Nazionale in Norvegia. Tra ironiche ipotesi di nuovi CT – da Bertolaso a Lollobrigida, Giuli e Veltroni – si riflette sul vuoto politico-sportivo. Alla fine, vincerà la noiosa normalità.

In lode dei commissari tecnici

Parliamoci chiaro. Il sistema paese se ne impipa allegramente di referendum abrogativi, dazi commerciali, escalation, terre rare, riforme costituzionali, crisi ambientali e se deve scegliere tra la striscia di Gaza e quella di coca, si rivolge a quest’ultima senza se e senza ma.

Un solo evento, negli ultimi giorni, è sembrato in grado di scuotere, come etico tsunami, anche le coscienze più sorde e retrive, imponendo profonde riflessioni e accesi scambi di opinione. Ci riferiamo, ovviamente, alla tragica e luttuosa sconfitta, riportata dalla nazionale di calcio, in terra di Norvegia.

Lassù, tra le nebbie e le brume del circolo polare artico, a un tiro di schioppo dalla Thule decantata da Pitea e Tacito, si è consumata l’immeritata Caporetto sportiva di un grande e sventurato paese.

Un tre a zero di glaciale brutalità, che non lascia spazio all’immaginazione, fiaccando l’animo in fondo de la trista conca, che sol per pena ha la speranza cionca (Inferno, canto IX). Giacché si rischia, mirabile dictu, di fallire la qualificazione ai Mondiali, esecrabile congiuntura che la decenza imporrebbe persino di non nominare.

Dimissionato dunque l’attuale commissario tecnico, urge una figura che ne raccolga immantinente la fiaccola, costringendo la Vittoria a porgerci la chioma, in quanto schiava di Roma eccetera, eccetera, eccetera.

Si, ma chi? A parole sembra facile, eppur si fatica a reperire tale luminosa figura in una terra sì fertile, da cui lombi discesero gli Alfano, i Di Maio e tant’altre luminose e giganteggianti figure.

I nomi si sprecano col rischio di bruciarli. Meglio Ranieri, ancor meglio Pioli, torniamo a Lippi, prendiamo mio cognato Ciccio che ne capisce…

Trattandosi di Commissario, la mente corre d’ufficio a Montalbano, ma pare sia superimpegnato con le repliche Rai, nonché oberato da fratello con pregresso segretariato Pd. Questioni di opportunità politica, insomma, pur a dispetto di largo consenso popolare, imporrebbero di non urtare le sensibilità di parte della tifoseria.

Allora, restando in termini di commissariamento, chi meglio di Guido Bertolaso? Sorta di supereroe rotto a tutte le esperienze e deus ex machina designato in ogni tipo di catastrofe. Dai terremoti alla monnezza, dal Covid alla Sars, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine/tenea dietro al baleno. Fu vera gloria? Nell’attesa dei posteri, potremmo affidarci al mitico Guido con mano sicura, se non fosse per un piccolissimo particolare. Le porte interne di Coverciano sono tutte automatiche a comando elettrico.

Il nostro, a suo tempo, ebbe le sue difficoltà per uscire da un centro massaggi con porte simili. Rinverdire quell’esperienza potrebbe essere traumatico e sostituire tutti gli usci di Coverciano implicherebbe forte spesa e lungaggini burocratiche.

Sfogliando la margheritina, poiché i campi sono in erba, ecco spuntare il nome di Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura ed ex cognato della lupa. L’ormai mitico Lollo andrebbe vagliato senza pregiudizi, ma ahimè, la qualifica di ex pesa come un macigno, in un paese come il nostro, dove il clientelismo non ha mai attecchito, perché prima dei clienti c’è da sistemare i parenti. Piangiamo dunque il repentino tramontare della di lui candidatura, insieme all’epocale rinnovamento che avrebbe potuto apportare in materia calcistica. Non ultima la quadratura del pallone, per renderlo meno rotolante, al fine di facilitare il controllo del gioco in fase di possesso.

Sfogliando ancora, urge interrogarsi se lo sport sia o no una forma di cultura. Claro que sì e allora ogni speme si rivolge ad Alessandro Giuli, ministro della cultura. Con lui in panchina, in caso di forte pioggia con conseguente terreno pesante, avremmo: l’idrica liquidità delle umide precipitazioni, su un lutulento rettangolo di gioco.

In caso di problematiche tattiche: l’ermeneutica epistemologia della strategia posta in essere è stata pedissequamente e sesquipedalmente inficiata. Di fronte a una brutta sconfitta: un erubiscente punteggio accettato dagli avversari con callido ed edace solipsismo.

Unici possibili nei, la necessita di un interprete per spiegare ai giocatori anche quale numero mettere sulla maglietta e la quasi sicura denuncia da parte del conte Mascetti. Per plagio.

Chi o cosa resta? Quale riserva della Repubblica avrebbe l’animo e l’ardire di affrontare siffatto compito, tale da far tremare le vene dei polsi?

Un grande, un grandissimo l’avremmo anche avuto. Uno che spaziava dalle tv alla formazione del Milan, dalla presidenza del consiglio al burlesque, da Ruby Rubacuori alla culona inchiavabile. Lui avrebbe senz’altro accettato, per il bene Supremo del Paese, la guida della nazionale maschile e senza dubbio, anche e soprattutto di quella femminile, portandole verso radiosi allori. Purtroppo, un destino cinico, baro e comunista ce l’ha strappato nel fiore degli anni, lasciandoci solo le lacrime per rimpiangerlo.

Forse, e sottolineo forse, andrebbe bene un Walter Veltroni. Intellettuale tuttocampista, pensatore agile e brevilineo con ripetute incursioni a gamba tesa in ogni campo dell’arte e dello scibile, dalla letteratura al cinema. Eccettuata, per il momento, l’opera lirica, ma non disperiamo.

Con Walter, avremmo una nazionale che gioca a zona, ma anche a uomo e, why not?, a donna, per non discriminare alcuno, con schieramento il più possibile ampio e inclusivo. Assisteremmo a una drastica e non più procrastinabile riforma dei ruoli. Portiere no, perché è classista, portinaio ancora peggio, estremo difensore sa di guerrafondaio, n.1 è troppo elitario… Le due mezzeali verrebbero inclusivamente incollate tra loro. per produrne una con tutti i diritti costituzionali e il Var sostituito con le primarie tra tifosi, anche di altri sport.

Misure drastiche e opportune, ma forse troppo di sinistra per una nazionale a vocazione maggioritaria.

Di nomi ce ne sarebbero tanti altri. Resuscitare un Toninelli, ad esempio. Per un calcio che faccia non solo giocare, ma anche mangiare, vivere, incontrarsi, sognare. Andare là, in quel paese da cui nessun terzino ha mai fatto ritorno.

Dubbi amletici e vane speranze, che probabilmente resteranno tali. Perché, stante la triste e bigotta meritocrazia che da sempre alligna in questo grande e felice paese, finirà che a esser nominato commissario tecnico della nazionale sarà, banalmente e, ci sia consentito, alquanto squallidamente, un normalissimo allenatore di calcio.

 

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