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Niger, rischio escalation: intervento militare straniero sarebbe “dichiarazione di guerra” per Burkina e Mali

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I governi del Burkina Faso e del Mali, scaturiti da colpi di stato che li hanno portati fuori dall’influenza di Parigi, hanno lanciato un monito all’indomani della minaccia dell’uso della “forza” in Niger da parte dei leader dell’Africa occidentale riuniti ad Abuja, la capitale della Nigeria, sotto pressione da parte di Francia e USA.

Un intervento militare in Niger sarebbe “una dichiarazione di guerra” per Burkina Faso e Mali. Anche la Guinea si schiera con i golpisti.

Un intervento militare in Niger per restaurare il presidente eletto Mohamed Bazoum, rovesciato da un golpe, sarebbe considerato come “una dichiarazione di guerra contro Burkina Faso e Mali”, annuncia minacciosamente un comunicato stampa congiunto dei governi di Ouagadougou e Bamako.

I due governi, a loro volta nati da colpi di stato, “avvertono che qualsiasi intervento militare contro il Niger equivarrebbe a una dichiarazione di guerra contro Burkina Faso e Mali“, all’indomani della minaccia di usare la “forza” da parte dei leader dell’Africa occidentale riuniti a Abuja, la capitale della Nigeria, sotto la pressione diplomatica di Parigi e Washington, che vedono a forte rischio i loro interessi vitali nell’area.

I due governi “avvertono che qualsiasi intervento militare contro il Niger comporterebbe il ritiro di Burkina Faso e Mali dall’ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale), nonché l’adozione di misure di autodifesa a sostegno delle forze armate e del popolo del Niger”. Essi “mettono in guardia contro le disastrose conseguenze di un intervento militare in Niger che potrebbe destabilizzare l’intera regione”. Aggiungono di “rifiutarsi di applicare” le “sanzioni illegali, illegittime e disumane contro il popolo e le autorità del Niger” decise ad Abuja.

L’ultimatum dell’ECOWAS

Domenica scorsa, i leader dell’ECOWAS hanno lanciato un ultimatum di una settimana alla giunta militare in Niger per un “pieno ritorno all’ordine costituzionale”, affermando di non escludere l’uso della forza per riportare “ordine”. I paesi dell’area hanno anche deciso di “sospendere tutte le transazioni commerciali e finanziarie” tra i suoi Stati membri e il Niger e di congelare i beni dei funzionari militari coinvolti nel colpo di stato.

In un comunicato separato, la Guinea, il cui governo è anch’esso uscito da un colpo di stato, “ha espresso il suo disaccordo con le sanzioni raccomandate dall’Ecowas, compreso l’intervento militare” e “ha deciso di non applicare queste sanzioni che ‘considera illegittime e disumane‘. Conakry (capitale della Guinea)  “esorta ECOWAS a riconsiderare la sua posizione”.

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