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Le strade di Bucarest sono state animate da proteste di massa dopo la controversa decisione della Corte Suprema di annullare le elezioni presidenziali, scatenando un’ondata di tensione politica. La decisione, annunciata il 6 dicembre, appena due giorni prima del secondo turno elettorale, ha sollevato preoccupazioni sulla stabilità politica del paese e ha portato alle migliaia di manifestanti in piazza di questi giorni.
Romania, interferenza e instabilità
La sentenza della Corte è stata motivata dalla “declassificazione” di documenti dei servizi segreti che accusano il candidato vincente del primo turno, Călin Georgescu, di aver beneficiato di un’interferenza straniera orchestrata da Mosca tramite TikTok.
Tuttavia, un’indagine condotta dal sito Snoop.ro ha rivelato che la campagna sospettata di destabilizzare la democrazia romena era in realtà finanziata dal Partito Nazionale Liberale (PNL), sollevando dubbi sulla legittimità delle accuse contro Georgescu.
Secondo Roberto Vivaldelli di Inside Over, dietro l’annullamento delle elezioni si celerebbe una campagna orchestrata dagli Stati Uniti, attraverso il sostegno di think tank e ONG finanziati dall’USAID e dal Dipartimento di Stato, suggerendo un’influenza esterna sul processo decisionale della Corte Suprema.
Le manifestazioni, guidate da George Simion dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), hanno visto migliaia di cittadini chiedere la ripresa delle elezioni dal secondo turno, esprimendo frustrazione per l’annullamento del voto e il crescente malcontento verso il sistema politico. I manifestanti denunciano la violazione del diritto di voto e accusano il presidente uscente Klaus Iohannis di non aver migliorato le condizioni del paese durante il suo decennio al potere.
Elezioni anticipate, un futuro ancora tutto da scrivere
Le nuove elezioni presidenziali sono state fissate per il 4 maggio, con un eventuale secondo turno il 18 maggio. Nonostante ciò, le proteste continuano, alimentate dalla crescente popolarità di Georgescu, il cui vantaggio nei sondaggi riflette la diffusa sfiducia nei confronti dei partiti tradizionali. Anche i sostenitori di Elena Lasconi, la riformista che avrebbe dovuto sfidare Georgescu al ballottaggio, partecipano alle manifestazioni, dimostrando che il dissenso attraversa l’intero spettro politico.
Appare evidente la necessità di un’indagine approfondita per recuperare la credibilità del processo elettorale e ripristinare la fiducia dei cittadini. Senza un chiarimento sui fatti accaduti, sarà difficile per la Romania voltare pagina e affrontare le sfide future con stabilità.
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