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Tanti interrogativi dopo la notte di violenze a Napoli contro il lockdown. Il denominatore comune è stata la reazione al totem De Luca, votato da tutti e odiato da tutti. Cui prodest?
De Luca votato da tutti e odiato da tutti
Nonostante il furor di popolo social che ha già capito tutto, sarà la magistratura a appurare chi ha messo a ferro e fuoco il centro di Napoli, se c’erano camorristi, fascisti, disoccupati, centri sociali o ultras. E anche in quel caso, a voler essere pignoli, potremmo nutrire dubbi sulla linea politica che potrebbe prevalere in una simile inchiesta.
Basiamoci per ora sull’apparenza dei fatti.
Ci sono state manifestazioni in diverse località della Campania, e un precedente di agitazione, diciamo così, anche a Salerno poche ore prima, senza contare che un flashmob su tematiche simili c’è stato a Roma davanti al ministero delle Finanza, e ve ne abbiamo dato conto proprio da queste pagine.
Ma il denominatore comune delle proteste in Campania, al di la di torti o ragioni, è stata la reazione quasi ad personam: il totem De Luca parafulmine di gioie (poche) e dolori.
In queste settimane sono state introdotte da presidente della regione misure di chiusura per diverse attività commerciali senza prevedere alcuna forma di sostegno. Questo ha fatto si che, principalmente il mondo di bar, ristoranti e pizzerie, ha cominciato a reclamare pubblicamente interventi mirati.
Ovviamente sappiamo bene che in macro categorie simili dentro ci finisce di tutto: il piccolo commerciante che sta rischiando di chiudere, travolto dai debiti, il dipendente rimasto a spasso, il dipendente in nero che non ha diritto a nessun sussidio ma anche l’imprenditore avvoltoio che piange miseria ma incassa in nero. E dunque innestare dinamiche complottiste rispetto a quelle sociali (malavita compresa, nessuno lo nega) da un quadro parziale e distorto della situazione.
Ma il punto politico resta sempre la questione De Luca: è opinione diffusa tra i commentatori, stampa locale e larghe fette di cittadinanza che il governatore e il Governo in questi mesi di apparente tregua abbiano fatto poco o nulla per preparare l’urto alla prevedibile seconda ondata, più volte annunciata nonostante la distrazione estiva.
Cui prodest?
83 ordinanze in sette mesi e mezzo da parte di De Luca, e nessuna che contenesse una misura reale, preventiva, di organizzazione della risposta sanitaria alla pandemia. Siamo arrivati al solito comizio in video di quasi due ore, di 48 ore fa, in cui il clou è stato mostrare una Tac ai polmoni di un ammalato di Covid.
Ora chiudere tutto, scaricando le responsabilità solo sulla cittadinanza di un area geografica economicamente depressa, con i rubinetti economici chiusi, quindi senza alcun supporto al reddito, è come accendere una miccia e dire: state fermi e aspettate.
Aspettare cosa, l’esplosione? Le vittime e i carnefici si scambiano continuamente il ruolo in una situazione simile.
Gli scontri avvenuti nella notte per ora non rappresentano nulla, politicamente. Le varie anime in piazza rappresentavano ognuna se stessa in un modo quasi nichilista. Cui prodest?
L’unica cosa che accomuna tutto ciò, ribadiamo, è l’effetto De Luca. Rieletto a furor di popolo con il 70% dei voti, 16 liste a sostenerlo, eppure già individuato come bersaglio di tutta la crisi. È il tao de luchiano, una sorta di Ceausescu goliardico, schiavo del personaggio creato: ormai viene invitato in tv (Fazio docet) per fare il De Luca e non il presidente di una delle regioni principali del paese.
Come ha scritto sui social i giornalista partenopeo Massimiliano Amato:
Ho lungamente riflettuto, cercato, pensato, per trovare un senso. E in soccorso m’è venuta un’improvvisa reminiscenza gramsciana. Una metafora che trovo appropriatissima. “La biscia morde il ciarlatano, ossia il demagogo è sempre la prima vittima della sua demagogia”.
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