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Che fine ha fatto il PD? Ennesima crisi di un partito nato male

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Il PD sembra scomparso dall’azione politica. Le sue proposte appaiono vaghe e prive di impatto reale, mentre il dialogo interno si concentra su nomi e alleanze, non su idee. Con un elettorato eroso nei numeri ma stabile nelle percentuali e demotivato. Un partito inutile.

La sparizione del PD dall’azione politica. Il declino della partecipazione

Negli ultimi anni, il Partito Democratico (PD) italiano sembra essersi dissolto dal panorama dell’azione politica, trasformandosi in una presenza evanescente e priva di impatto reale. Questa sparizione non riguarda solo l’assenza di iniziative politiche significative, ma anche una crisi d’identità profonda che ha eroso la sua rilevanza sia a livello locale che nazionale.

Uno degli aspetti più evidenti della crisi dei Dem è il calo della partecipazione elettorale. Con meno della metà degli aventi diritto che si recano alle urne, il PD riesce a malapena a mantenere il consenso di una frazione di questa già esigua partecipazione.

Il partito appare ciclicamente sui siti dei maggiori quotidiani per segnalare i risultati dei sondaggi e Repubblica lo mostra costantemente in crescita, anche se, curiosamente, il suo livello di consenso rimane più o meno invariato. In realtà, studiando i numeri, se c’è un aumento, è dovuto semplicemente all’incremento degli dell’astensione durante le elezioni.

Un fenomeno ormai comune a tutti i partiti che occupano lo spazio politico considerato ‘valido’ dal sistema delle alleanze internazionali in cui siamo incastonati come vaso di coccio. Ma il consenso reale, quello delle schede nelle urne, è in continuo arretramento.

Il sostegno di una netta minoranza è però presentato dai media come una maggioranza solida, ma in realtà il partito è sostenuto da un “zoccolo duro” pigro e scarsamente motivato, incapace di garantire una crescita elettorale significativa.

Un partito senza iniziative politiche e programmatiche

La mancanza di iniziative politiche chiare è uno dei segnali più preoccupanti della sparizione del PD. Nonostante il susseguirsi di crisi economiche e sociali, il partito non è stato in grado di proporre un’agenda politica aggiornata e incisiva.

Le poche proposte avanzate, come il salario minimo, sono spesso problematiche e non riescono a conquistare la fiducia – non solo degli degli elettori – ma nemmeno dei suoi stessi dirigenti che si smentiscono tra loro, facendo a gara ad annacquare qualsiasi proposta che sembri minimamente di sinistra.

Questo accade perchè il PD non ha mai voluto affrontare il tema della propria identità politica, andando semplicemente ad occupare forzatamente il campo della sinistra per giocare un partita tutta sua, sradicata dai principi storici che avrebbero dovuto caratterizzarne l’impostazione.

Oggi, il partito è percepito come una camera di compensazione tra interessi economici neoliberisti e un europeismo vuoto di contenuti. La discussione interna si concentra quasi esclusivamente sui nomi e sulle alleanze, ignorando i programmi e le ideologie. Questo vuoto programmatico si riflette nella difficoltà di definire i capisaldi del partito, che si riducono a concetti vaghi come l’europeismo e l’ecologismo, privi di analisi e di una visione coerente.

Allontanamento dalla base elettorale

A livello locale, la situazione è altrettanto disastrosa. Città come Firenze e Bologna, un tempo roccaforti rosse, sono diventate laboratori di sperimentazione neoliberista con la complicità del PD. La chiusura delle sezioni locali e la perdita di contatto con la cittadinanza hanno alienato ulteriormente il partito dai suoi elettori. Il centro storico di Bologna, ad esempio, è diventato un non-luogo, simbolo del declino di una comunità un tempo vibrante e politicamente attiva.

A livello nazionale, il PD è stato incapace di adattarsi al nuovo scenario politico dominato dal governo di destra di Giorgia Meloni. La funzione di partito dell’establishment, che il PD ha svolto per anni, è stata svuotata di significato. Con la destra che ora rappresenta gli interessi atlantisti e neoliberisti, il PD non ha più un ruolo chiaro e non riesce a proporre un’alternativa credibile.

D’altronde, se davanti ad uno dei contesti di crisi internazionale più tragici, come quello dei massacri perpetrati da Israele nella striscia di Gaza, il partito che si considera rappresentante della sinistra (!) non solo non prende una posizione chiara, con la segretaria Schlein che non rilascia una dichiarazione per mesi, ma quando lo fa, parlando timidamente di crimini di guerra di Tel Aviv, seppur con tutti i se, i ma e le frasi di rito sul “diritto alla difesa” etc etc, si ritrova interi pezzi del suo stesso partito che sostengono apertamente la mattanza, da Fassino alla Picierno.

Il mondo cerca nuove strade, nuovi equilibri, i popoli mandano segnali elettorali inequivocabili, l’economia crolla, eppure le parole d’ordine dei Dem restano immutate, confuse, incapaci di essere memorizzate o semplicemente percepite dagli elettori.

Sono le parole di una classe politica costantemente impegnata a garantire unicamente la propria sopravvivenza.

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Marquez
Marquez
Corsivista, umorista instabile.

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