Nemmeno la più fervida immaginazione degli autore delle serie tv più à la page sarebbe stata in grado di partorire la sceneggiatura delle vicende legate all’emergenza sanitaria in Calabria: tre commissari e una pandemia. Avanti il prossimo.
Calabria, tre commissari e una pandemia: un serial poco serio
Nelle vicende della sanità in Calabria, con un tasso di abdicazioni da monarchia britannica, comiche e orrori si succedono con inquietante frequenza, innescando qualche amaro sorriso e ben più aspre tristezze.
Ci fosse all’origine, almeno, una Wallis Simpson o un’Anna Bolena. Che certe cose, si sa, tirano più di un carro di DPCM con annessi decreti attuativi, formulati con la fattiva collaborazione delle opposizioni.
Purtroppo bisogna riconoscere che il discutibile merito di certe ridicole tragedie è tutto dei protagonisti.
Il primo a comparire sotto la livida luce dei riflettori è Saverio Cotticelli, commissario alla sanità della regione Calabria.
L’ex generale della Benemerita apprende in diretta tv, con un colpo di scena da soap opera brasiliana, di essere il responsabile del piano antiCovid e forse, why not, anche il gemello di Luke Skywalker.
Notiziona, la prima, che induce nel povero commissario comprensibile sconcerto. Nel dubbio, più che legittimo, di un piano antiCovid affidato all’assessorato Agricoltura e Foreste, ai pompieri di Viggiù o alla nazionale di curling.
Mentre invece, scherzi del destino cinico e baro, avrebbe dovuto occuparsene proprio lui medesimo, di persona.
Avrei dovuto farlo a giugno? farfuglia Cotticelli, sotto l’occhio impietoso delle telecamere. Adesso mi cacciano.
Niet, nein, no, verrebbe da dire. Teniamocelo stretto. Promuoviamolo, magari. Un bel sottosegretariato, che non si nega a nessuno, o la presidenza di un prestigioso ente parastatale. Un qualsivoglia incarico insomma, ove egli possa ancora laboriosamente adoprarsi per il sistema paese. Con serenità. Senza tema che qualche bieca congerie di burocrati possa conferirgli, a sua insaputa, la direzione della Nasa o l’estrema difesa di Stalingrado.
Quel giorno non ero io, – spiegherà in una successiva intervista televisiva. Sono stato drogato da qualcuno? Non lo so, con il mio medico stiamo cercando di capire cosa sia successo. Ho avuto un malore.
E giù a immaginare tenebrose trame cappa e spada, lame baluginanti nel buio e e polveri narcotiche celate nell’incavo degli anelli.
Ipotesi del tutto verosimili, che sarebbe doveroso approfondire. Almeno per capire se dietro c’è Milady o il duca di Bukingham, la casata di York o quella di Lancaster. Oppure, per carità, se davvero di malore si tratta.
C’è da aggiungere che una recente verifica interministeriale avrebbe accertato, per la sanità calabrese, un deficit di quasi 200 milioni, senza apprezzabili miglioramenti dei servizi offerti. Lusinghiero risultato che, se confermato, adornerebbe con un velo di rimpianto le frettolose dimissioni di Cotticelli.
Commissario atto secondo
Comunque sia, in sostituzione arriva, a stretto giro di posta, una giovane promessa del management italico.
Giuseppe Zuccatelli da Cesena, anni 76, con un passato alla guida di numerose aziende ospedaliere e un presente agitato da singolari teorie epidemiologiche. In base alle quali la mascherina non serve a un kaiser e per prendere il Covid è necessario limonare accuratamente per almeno 15 minuti.
Non uno di meno, che fino a 14 si può tranquillamente indulgere nella sensuale arte francese, senza timore di contrarre il temibile virus.
Visione di grande autorevolezza scientifica che solleva, chissà perché, gran polverone e rumorose proteste. Con immediate dimissioni, dal ministro Speranza cortesemente richieste e da Zuccatelli gentilmente rassegnate.
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Commissario atto terzo
Terza nomina in ordine di tempo (ormai si fa concorrenza alle serie Netflix) quella di Eugenio Gaudio, ex rettore della Sapienza.
Risolto il busillis? Avranno finalmente, le generose popolazioni calabresi, un piano antiCovid come Odino comanda?
Macché.
Gaudio e tripudio durano il proverbiale attimo fuggente, visto che l’interessato si affetta a comunicare la propria indisponibilità, adducendo come forte motivazione il rifiuto della moglie a trasferirsi in quel di Catanzaro.
Oppure a farlo partire da solo. Disperando forse nella sua capacità di appaiare i calzini o, chissà, nel timore che incorra in voluttuose tentazioni.
L’omm nun è lignamm, dicono al sud. L’uomo non è fatto di legno e la carne, si sa, è debole.
Poco importa che ci si trovi di fronte a una delle più gravi crisi mai affrontate. La famiglia è cosa ben più importante e se Parigi val bene una messa, per Catanzaro non basterebbe un conclave.
Si ricomincia
Chi sarà dunque il prossimo commissario alla sanità calabrese? Si potrebbe organizzare apposito reality, con il pubblico da casa che sceglie, puntata dopo puntata, il candidato da eliminare.
O, in alternativa, sorteggiare il fortunato vincitore tra l’intera popolazione. Senza stare a indagare particolari competenze.
Tanto, di lasciare buchi da duecento milioni siam capaci tutti.
D’altronde, è verosimile sperare che nell’odierna sanità italiana i designati siano migliori dei designatori? Che un sistema alluvionato da scandali e inchieste possa, di colpo, autodepurarsi da ogni malfunzionamento, erogando con efficace puntualità quei servizi profumatamente pagati dai contribuenti?
Perché, al netto di mogli severe e prolungati slinguazzamenti, viene da chiedersi dove siano governo e istituzioni, che pure avrebbero, forse a loro insaputa, obbligo di controllo.
Quis custodiet ipsos custodes, si chiedeva Giovenale venti secoli fa.
Chi sorveglierà i sorveglianti?
Inutile coltivare illusioni sull’uomo solo al comando, che con piglio energico razionalizzi e gestisca. I manager non scendono da Marte.
Perché la cosa pubblica funzioni, ci vorrebbe una classe politica diversa, a sua volta espressione di un elettorato e una società migliori di quelle attuali.
Oggi, in Calabria, l’aspettativa di vita è 2 anni più bassa che in Trentino. Un calabrese su 5 va a curarsi fuori regione. I bilanci delle singole aziende sanitarie, spesso, sono secretati come i rapporti della Cia.
E poi ci sono le fatture pagate più volte, per mancanza di registrazione, gli omessi pagamenti, decuplicati da interessi e sanzioni, i contratti per attrezzature chiusi da anni in cassaforte, la corrispondenza inevasa perché si è smarrita la password delle caselle di posta elettronica, le Asl sciolte per infiltrazione mafiosa.
Eppure, in Calabria, l’altro ieri si votava Scopelliti e oggi si vota Tallini, fresco di arresto per concorso esterno in associazione mafiosa. Soprannominato Mister Preferenze, per il grande consenso sempre riscosso nelle urne.
Lo spicciolo clientelare intascato oggi, si traduce sempre in un esborso maggiore domani e non c’è sanatoria, favoritismo o illegalità che possa garantirci, all’occorrenza, un posto in rianimazione.
Piccolo, ma crudele contrappasso dei sistemi democratici, quando le cose vanno male, possiamo prendercela solo con noi stessi.
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