La Brexit è realtà: dal 1^ gennaio 2021 il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea. È il primo paese a lasciare l’Ue, dopo 47 anni. Boris Johnson e Ursula von der Leyen hanno raggiunto l’accordo, dopo lunghe trattative, proprio alla vigilia di Natale, con un Primo Ministro inglese esultante e un Europa che, si dice per ora, anch’essa soddisfatta.
Brexit, ci siamo
Il “sì” vinse il referendum del 23 giugno 2016, quasi cinque anni dopo comincia un nuovo capitolo.
Il prologo si apre con la borsa di Londra in festa, la piazza inglese brinda, l’Europa apre coi piedi di piombo. Secondo le analisi però il rialzo dei mercati azionari britannici avrà vita breve, le stime sono impietose: la sovranità rischia, a lungo andare, di creare danni economici ben più profondi di quelli che i conservatori hanno dichiarato di voler arginare con questa exit. Un nuovo inizio che segnerà la fine della City di Londra come centro finanziario europeo, possibile infatti solo grazie alla libera circolazione dei capitali.
È altresì vero che la trasformazione di Londra in centro economico offshore potrebbe attirare invece proprio nuovi business.
Non ci resta che attendere e vedere cosa accadrà.
Westminster ha accolto i parlamentari, per una riunione straordinaria, che verrà ricordata a lungo, dove si è discusso l’accordo concluso pochi giorni fa con l’Ue. Poi si attenderà solo il sigillo della Regina, il Royal Assent. Spetta infatti ai regnanti l’ultima parola, seppur come pro forma onorifico.
Con la Brexit il Regno Unito mira a rinsaldare la propria economia, riaffermare la sovranità nazionale, nonché controllare gli afflussi migratori. Vuole riappropriarsi di quel pezzo di mare che la divide dal resto del mondo, perché, diciamolo, agli inglesi è sempre piaciuto mantenere le distanze.
Non è un caso che negli ultimi nove secoli non siano mai stati invasi. Non è un caso che non abbiano mai aderito alla moneta unica.
La Brexit e l’identità monarchica
Nessun uomo è un’isola, ma l’UK sì, e tale vuole rimanere.
Non c’è molto sole in Gran Bretagna, piove sempre, anzi non c’è proprio il sole, è un’isola che ruota da mille anni intorno alla monarchia.
Dal 1215, con la Magna Charta, l’istituzione della Camera dei Comuni e la Camera dei Lord, è una monarchia parlamentare. Con la Dichiarazione dei Diritti politici e civili, nel 1689, Maria II Stuart e Guglielmo d’Orange accettarono le limitazioni costituzionali che vigono ancora oggi, sancendo la sovranità del parlamento. Il re regna ma non governa.
Ebbene l’identità britannica si poggia sui suoi regnanti dal sangue blu. Oggi nella persona della Regina Elisabetta II, 94 anni d’età e 68 sul trono, che fanno di lei la regina più longeva della storia.
Quello tra Regno Unito e la Royal Family è un amore senza fine, che riempie i cuori britannici di orgoglio. Più del 75% della popolazione si dice contenta della monarchia, nonostante i reali non abbiano pressoché poteri e si limitino a presenziare a cerimonie ufficiali sorridendo, ben vestiti, coi loro raffinati cappelli.
La devozione del popolo per l’adorata famiglia reale non è infatti tenuta viva dal potere, quanto piuttosto da un amore smodato e incondizionato per la loro stessa storia, per la tradizione.
La famiglia reale ha tenuto insieme il paese attraverso secoli, guerre, crisi, mantenendo viva l’unità e la coesione nazionale, offrendo al popolo un appiglio sicuro.
Un’istituzione giudicata anacronistica, tuttavia molto presente a livello locale, votata esclusivamente a mantenersi viva e a diffondere positività tra i propri sudditi. Un ministero della felicità, dice Jonny Dymond, giornalista della BBC.
Un sole fermo e fulgido che allunga generosamente i suoi raggi tra le grigie nuvole inglesi. La certezza che caschi pure il mondo, ma Dio salverà la Regina e con essa il Regno Unito.
Poteva mai competere l’Europa con un simile caposaldo?
Ciò che fa del Regno Unito un grande paese agli occhi dei britannici, è la monarchia, non la ricchezza, non le terre, né tanto meno Bruxelles.
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