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Abu Mazen, il kapò di Netanyahu, e i soprusi in Cisgiordania

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In Cisgiordania, il presidente palestinese Mahmoud Abbas, noto come Abu Mazen, e la sua Autorità Nazionale Palestinese (ANP) affrontano crescenti accuse di soprusi contro la popolazione, in un contesto segnato da tensioni crescenti e complicità con Israele. L’operazione “Proteggi la patria”, avviata dall’ANP a Jenin, ha rivelato un lato oscuro del regime di Abbas, ormai percepito da molti come un alleato di Tel Aviv per mantenere il controllo nell’enclave palestinese.

Abu Mazen e i soprusi in Cisgiordania

L’omicidio della giovane giornalista Shatha al-Sabbagh, colpita alla testa mentre era con la sua famiglia, è solo l’ultimo tragico evento. La reporter, 21 anni, è stata uccisa in un’area sotto il controllo delle forze di sicurezza dell’ANP. La famiglia sostiene che Shatha sia stata deliberatamente presa di mira, dopo un confronto con agenti che volevano impedirle di filmare tributi ai combattenti della Brigata Jenin.

L’operazione di Jenin, mirata a indebolire la resistenza armata palestinese, riflette tecniche di assedio che ricordano quelle israeliane: il campo profughi è stato circondato, con tagli all’acqua e all’elettricità, colpendo indiscriminatamente i residenti. Le violenze hanno lasciato un bilancio di sei morti palestinesi dall’inizio di dicembre e centinaia di altre vittime dall’inizio dell’anno, molte delle quali per mano israeliana.

Le critiche verso l’ANP si amplificano, alimentate da video diffusi sui social che documentano abusi contro oppositori politici. In un filmato, un giovane legato viene gettato in un bidone della spazzatura e picchiato. In un altro, due uomini bendati sono costretti a giurare fedeltà ad Abu Mazen.

Nonostante le promesse del portavoce Anwar Rajab di indagare sugli abusi, le testimonianze si moltiplicano. Paramedici della Mezzaluna Rossa hanno riferito di essere stati aggrediti e accusati di essere “mercenari iraniani”.

Il contesto internazionale aggiunge ulteriore pressione. L’ANP, sostenuta dagli Stati Uniti, si sforza di dimostrarsi un interlocutore credibile, mentre tenta di consolidare il potere in vista del ritorno di Donald Trump alla presidenza degli USA.

Tuttavia, il prezzo di questa strategia sembra essere pagato dai palestinesi stessi, vittime di un doppio giogo: quello dell’occupazione israeliana e quello di un’ANP sempre più distante dalla propria gente.

L’omicidio di Shatha al-Sabbagh e gli abusi sistematici contro civili e oppositori sono segnali di una leadership in crisi, disposta a tutto pur di mantenere il controllo. Ma a quale costo?

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