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La Relazione semestrale della Corte dei Conti al Parlamento offre un quadro impietoso dello stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in Italia. I dati, aggiornati ai primi mesi del 2025, rivelano una macchina inceppata, ritardi cronici nell’attuazione dei progetti e uno sbilanciamento preoccupante delle risorse a favore di alcune aree, a discapito di settori fondamentali come sanità, istruzione e tutela del territorio.
Corte dei Conti, il Governo Meloni bocciato sul PNRR: meno del 50% della spesa effettuata
Secondo la Corte, l’Italia ha finora speso meno del 48% delle risorse complessive del PNRR. La gran parte dei fondi è stata indirizzata verso capitoli considerati “strategici” dal governo, in particolare digitalizzazione e competitività, settori che beneficiano soprattutto grandi imprese nazionali e multinazionali.
Ma il dato più allarmante riguarda le misure a carattere sociale: inclusione, coesione, istruzione e sanità. Qui i numeri mostrano una situazione di paralisi.
In particolare, il settore sanitario risulta quello più penalizzato, con l’80% degli obiettivi ancora non raggiunti. Un fallimento grave in un paese che, in nome della “resilienza”, avrebbe dovuto rafforzare il proprio sistema sanitario dopo le lezioni della pandemia.
Sanità pubblica in affanno: meno personale, più attese
Il diritto alla salute in Italia appare sempre più come una promessa disattesa. Le chiusure di ospedali, le liste d’attesa interminabili e la cronica carenza di personale medico e infermieristico sono solo alcune delle evidenze di un sistema sotto stress.
La situazione è aggravata dai vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea e pienamente accolti dal Governo Meloni, che nella Legge di Bilancio 2025 ha ulteriormente limitato il turn over nella Pubblica Amministrazione, congelando di fatto nuove assunzioni anche nei comparti più fragili, come la sanità.
Non sorprende, allora, che l’Italia, secondo dati Eurostat, destini alla sanità pubblica solo il 6,8% del PIL, uno dei valori più bassi tra i paesi dell’Europa occidentale, ben al di sotto della Germania (9,5%) e della Francia (9,2%).
Istruzione: la grande dimenticata
Anche il settore dell’istruzione registra ritardi strutturali. Solo una quota marginale dei fondi PNRR è stata destinata alla scuola pubblica e alla formazione, mentre le condizioni strutturali di molti edifici scolastici restano critiche.
Il personale è spesso in numero insufficiente e scarsamente valorizzato. L’Italia investe appena il 4,2% del PIL in istruzione, contro una media UE del 4,8%, e molto al di sotto di paesi come Danimarca e Svezia che superano il 6%.
La scelta politica è chiara: investire poco nella conoscenza, sacrificare la qualità dell’istruzione per concentrarsi su settori più graditi ai poteri economici.
Pubblica Amministrazione in sofferenza
La Corte dei Conti evidenzia anche la gravissima fragilità amministrativa che attraversa lo Stato e gli enti territoriali. Il 70% delle misure del PNRR ha speso meno di un quarto delle risorse disponibili, e molte sono ancora nella fase iniziale, con ritardi macroscopici rispetto al cronoprogramma concordato con Bruxelles. Il personale della PA, già sottodimensionato, non è stato rafforzato, rendendo impossibile una gestione efficace e tempestiva dei progetti.
Il risultato è un circolo vizioso: senza risorse umane adeguate, i progetti non avanzano, e l’Italia rischia seriamente di non rispettare le scadenze europee, mettendo a rischio la seconda parte dei fondi previsti.
La privatizzazione strisciante
Alla luce di questi dati, sorge una domanda inevitabile: il Governo Meloni ha davvero a cuore la sanità, l’istruzione e il rafforzamento della Pubblica Amministrazione? La risposta della Corte sembra suggerire di no. Le scelte compiute sin qui vanno piuttosto nella direzione opposta: delegare al privato ciò che il pubblico non riesce più a garantire, in un disegno che sembra prefigurare una nuova fase di privatizzazioni, silenziosamente accettata anche da parte del sindacato confederale.
La tutela del territorio: un’altra grande assente
Infine, un ulteriore segnale d’allarme arriva dal capitolo dedicato alla manutenzione del territorio. Gli investimenti per la prevenzione del dissesto idrogeologico, la bonifica dei siti inquinati e la messa in sicurezza delle aree vulnerabili risultano inferiori a qualsiasi previsione, anche la più pessimista. Eppure, ogni anno il nostro Paese affronta frane, alluvioni e disastri ambientali che mettono a rischio vite umane, patrimoni e infrastrutture.
Secondo l’ISPRA, oltre il 93% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico, ma gli stanziamenti per affrontare questa emergenza sono irrisori e spesso bloccati da farraginosità burocratiche e mancanza di progettualità.
Una bocciatura politica prima ancora che tecnica
La Relazione della Corte dei Conti non è soltanto una fredda fotografia contabile. È, nei fatti, una bocciatura politica delle scelte compiute dal Governo in merito al PNRR. Mentre si rafforzano le politiche di sostegno all’impresa e alla competitività, si abbandonano le infrastrutture sociali, le politiche pubbliche, il diritto alla salute, l’accesso all’istruzione e la tutela ambientale.
Se il Piano doveva essere “di ripresa e resilienza”, l’Italia rischia oggi di raccoglierne solo le briciole. Non per colpa dell’Europa, ma per precise scelte politiche interne, che continuano a preferire il profitto alla giustizia sociale.
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