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La disfatta di Kursk: un punto di svolta nel triangolo Usa-Ucraina-Russia

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La sconfitta ucraina nella regione di Kursk segna un punto di svolta nel conflitto. Con pesanti perdite, Kiev si trova sotto pressione politica e militare. Gli Stati Uniti, sotto la spinta di Donald Trump, spingono per un negoziato, mentre emergono dubbi sulla gestione strategica ucraina.

La disfatta di Kursk

L’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk, iniziata il 6 agosto 2023, si è rivelata un errore strategico di grande portata. Secondo fonti russe, rilanciate da Washington, in otto mesi le forze di Kiev avrebbero perso circa 70.000 uomini tra morti e feriti, oltre a 7.000 veicoli ed equipaggiamenti militari.

Immagini diffuse dai blogger militari russi mostrano mezzi distrutti o abbandonati, evidenziando l’entità del fallimento.

Il quotidiano britannico The Telegraph ha definito questa operazione uno degli errori più tragici per l’Ucraina, sottolineando come la decisione sia stata dettata più da esigenze politiche che da una reale valutazione militare. L’obiettivo era costringere la Russia a deviare risorse dal Donbass, ma l’esito è stato disastroso.

Le pressioni degli Stati Uniti e l’ombra di Trump

L’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, in un’intervista ha espresso chiaramente la posizione statunitense: “Penso che Zelensky stia facendo il possibile, penso che sia in una posizione molto, molto difficile ma si trova di fronte a una nazione nucleare e inoltre si trova di fronte a una nazione che ha quattro volte la popolazione e quindi deve sapere che verrà schiacciato”. Per poi aggiungere:  “Ora è il momento migliore per lui per concludere un accordo. Il presidente Trump gli offrirà il miglior accordo possibile che potrà mai ottenere”,

Non è un caso che la Russia abbia intensificato le operazioni proprio mentre Trump ribadisce la necessità di un negoziato rapido. Secondo Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, Mosca avrebbe riconquistato territori strategici per impedire a Zelensky di usarli come merce di scambio nelle trattative.

La ritirata disordinata e le accuse di negligenza

Il collasso del fronte ucraino è stato aggravato dall’incapacità di Kiev di reagire in tempo. Il comando ucraino avrebbe dovuto ordinare la ritirata da Kursk molto prima, risparmiando uomini e mezzi per altre battaglie. Tuttavia, le pressioni politiche per ottenere più finanziamenti e armi da Stati Uniti ed Europa hanno impedito una decisione razionale.

La BBC ha parlato apertamente di una “disfatta” e di una ritirata caotica, con numerose perdite umane evitabili. L’errore ucraino appare ancora più grave considerando che le vie di rifornimento erano già compromesse settimane prima del crollo definitivo.

Ufficiali NATO sul campo? Le accuse di Mosca

Uno degli elementi più controversi della battaglia di Kursk è la presunta presenza di ufficiali NATO tra le truppe ucraine accerchiate. L’agenzia russa RIA Novosti sostiene che almeno 30 ufficiali occidentali fossero impegnati nella gestione delle operazioni, nella raccolta di dati satellitari e nella pianificazione degli attacchi in territorio russo.

Secondo Mosca, video intercettati dimostrerebbero che alcune truppe ucraine comunicavano in inglese, alimentando il sospetto di un coinvolgimento diretto di personale straniero. Se confermato, questo elemento potrebbe complicare ulteriormente la posizione dell’Ucraina nei negoziati.

Nonostante le evidenze sul campo, Zelensky continua a dichiarare che le truppe ucraine non sono state accerchiate e che l’operazione a Kursk non è fallita. Tuttavia, la pressione su Kiev è crescente, sia da parte della Russia che degli stessi alleati occidentali. Resta dunque la domanda finale: resa o resistenza?

 

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