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Papa Francesco viene falsificato da destra e sinistra: i primi lo tollerano a fatica, i secondi lo svuotano di senso. Ignorata la sua azione geopolitica, lo si riduce a simbolo innocuo. Così, l’establishment trasforma il suo pontificato in un racconto funzionale al nuovo ordine.
Come si falsifica un Papa
La parola di Papa Francesco è oggetto di interpretazioni esegetiche a reti unificate. Si accavallano considerazioni, retrospettive, momenti di vita vissuti, insomma tutto l’armamentario delle maratone mediatiche compulsive che non prevedono silenzi e respiri.
Il mondo liberaldemocratico, al comando dei palinsesti, vive di un duplice imbarazzo. I conservatori, così rigonfi di retorica tradizionalista, non possono di certo sparare troppo sulla guida spirituale del cattolicesimo, ma, fedeli al nuovo corso trumpiano “del pane al pane” improntato a un certo primitivismo dialettico, sottolineano, con orgoglioso impeto, gli ammiccamenti di Francesco al sud globale, alla protezione dei migranti, alla passione per gli ultimi e a uno spirito riformatore che avrebbe condotto alla dissoluzione definitiva dei costumi.
La contraddizione in termini della destra sopravvive a qualsiasi intemperia politica: la coniugazione tra tradizione e libero mercato, difatti, rappresenta l’ossimoro più significativo del tempo presente.
D’altro canto, sono i progressisti, come spesso accade, a dover mettere in atto la falsificazione più subdola della dottrina che ha contraddistinto il pontificato. Così inebriati dell’ardore bellico, sono costretti a minimizzare l’operato del Papa per un equilibrio internazionale non più centrato sull’aggressività occidentale.
La sua inascoltata voce contro il riarmo si risolve, nelle ricostruzioni postume, in un umanitarismo innocuo, in un pacifismo cattedratico. Nessuno cenno alla sostanza dell’azione pontificia, come se mantenere rapporti con il Patriarca di Mosca o aver ratificato il protocollo con la Cina sui vescovi, non rappresentassero delle reali linee politiche.
Invece no, il richiamo del progressismo televisivo, ormai organo dell’estremismo di centro, è a una sua storica sconfitta. Un sermone indebolito da pensieri nobili, generosi ma vuoti in quanto illusi e inefficaci.
Un Papa, dunque, infantilizzato nel suo ecumenismo, non abbastanza scaltro per fregiarsi di un protagonismo globale che, nelle menti dei nuovi guerrafondai di sinistra, solo l’Unione Europea ha il diritto di rivendicare.
Per completare l’opera di mistificazione si presenta Francesco come colui che ha rinnovato la Chiesa sui diritti civili, dimenticando che sì, le sue parole sono state spesso ispirate da una misericordiosa inclusività ma, nella sostanza, l’importanza politica del suo officio non può in alcun modo essere ricondotta a questo particolare argomento; ridurlo a pontiere delle truppe laiciste all’interno della comunità cattolica è il non detto.
Ma anche questo è uno stratagemma discorsivo perché siano selezionate accuratamente le priorità politiche del prossimo futuro. Guerra e diritti civili, difatti, sembrano essere i mantra del nuovo imperialismo civilizzatore, che fatica a legittimare autorità diplomatiche e a riconoscere l’Altro nella nuova realtà multipolare.
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