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Ogni estate la solita favola: “vivere di turismo”. Con Santanchè e i profeti della sdraio, l’Italia si riduce a pizzeria a cielo aperto. Lavoro nero, evasione, città svendute. Altro che petrolio: è un happy hour eterno che arricchisce pochi e svuota tutti.
Il futuro modello Santanchè
A ridosso di ogni estate sentiamo la solita amenità: “L’Italia può vivere di turismo!”. Oh, che bella notizia: ogni volta che lo sento dire mi parte un’orticaria che manco fossi svenuto ubriaco in un campo di ortiche in piena estate. Ma capisco, è difficile resistere al fascino di questa genialata.
Certo, con una ministra come Daniela Santanchè, una che sembra uscita da un catalogo di sorrisi finti e soluzioni prêt-à-porter, non ci si può aspettare che arrivi la teoria della relatività. No, lei e i suoi apostoli della sdraio ci propinano la solita tiritera: “Abbiamo il sole, il mare, la pizza! Siamo a posto!”.
E noi, poveri mortali, dovremmo battere le mani e dire “bravi”, mentre ci trasformiamo in un’enorme pizzeria a cielo aperto. Ma per favore, passatemi un secchio, che sto per dare di stomaco.
Sfatiamo questa barzelletta che chiamano “mito” solo perché “minchiata colossale” suona meno elegante. Il turismo all’italiana è un capolavoro, ma di quelli che fanno piangere.
Sfrutta il suolo? Eccome! Le spiagge, che sulla carta sono di tutti, diventano il regno privato di stabilimenti balneari che pagano quattro spicci per occuparle, mentre noi ci accontentiamo di un angolino di sabbia pieno di mozziconi.
Sfrutta i lavoratori? Ovvio! Contratti fantasma, paghe da fame, “tanto è solo per l’estate”, e poi via, arrivederci al prossimo disperato.
E il fisco? Un optional! Sette aziende su dieci non sono in regola, al Sud si arriva a nove su dieci, e in certi posti è un glorioso dieci su dieci: sono record anche questi!
Però si lamentano: “Non troviamo personale!”. È colpa del reddito di cittadinanza (che non c’è più, ma se leggi Libero puoi dirlo lo stesso). Certo, cari miei, perché il vostro stipendio da 800 euro in nero, senza riposi e 16 ore al giorno a lavorare, attira solo chi ha già un piede nella fossa della miseria. Complimenti, avete inventato il precariato balneare: un Nobel ve lo meritate.
E vogliamo parlare del genio strategico? “Il turismo è il nostro petrolio!”, gridano, con l’entusiasmo di chi ha appena scoperto l’acqua calda. Peccato che il petrolio vero lo usino gli altri per far girare industrie, mentre noi lucidiamo ombrelloni e serviamo spritz a orde di turisti in infradito.
L’Italia non ha bisogno di altri bagnini con la canottiera scolorita, né di camerieri che sorridono per forza: ci servono ingegneri, scienziati, gente che sappia fare qualcosa di più che stendere un asciugamano.
Ma no, meglio sognare un futuro da cartolina, con il Colosseo sullo sfondo e un tedesco in ciabatte e calzini corti che chiede “dov’è il bidet?”.
Siamo nel 2025, signori, non nel 1950: svegliatevi dal coma o fateci un favore, lasciateci dormire pure a noi.
Il sarcasmo diventa quasi superfluo davanti a questo disastro. Il turismo italiano è un circo: cementifica le coste, inquina, trasforma le città d’arte in parchi a tema per selfie. E tutto per cosa? Per far guadagnare qualche furbo che evade le tasse e poi si compra la villa con vista mare.
“Porta ricchezza!”, dicono. Sì, alle tasche di chi già ce l’ha, mentre il resto del Paese annaspa tra rifiuti, abusivismo e un’economia che sembra un eterno happy hour andato a male.
E il bello è che ci crediamo pure fighi: “Abbiamo Roma, Venezia, la Costiera Amalfitana!”. Fantastico, continuiamo a mungere ‘sti quattro souvenir mentre il mondo ci supera, inventa, cresce.
Noi no, noi stiamo qui a pregare che arrivi un pullman di americani con la cintura marsupio a salvarci il PIL. Quel poco che c’è da salvare, grazie a Trump, ai suoi dazi e al nostro governo di diversamente capaci.
Che strategia, che visione!
Nel 2025, con l’intelligenza artificiale che ci respira sul collo, il clima che ci manda il conto e i competitor globali che ci ridono dietro, noi siamo ancora qui a vendere granite e a contare gli spiccioli.
La Santanchè può pure continuare a blaterare dal suo piedistallo di lustrini, ma la verità è una sola: vivere di turismo, così, è la barzelletta più triste che ci siamo raccontati.
È ora di smetterla di fare i camerieri d’Europa con il sorriso da spot pubblicitario.
Vogliamo un’economia seria? Bene, piantiamola di lucidare sdraio e iniziamo a costruire qualcosa che non si sciolga al primo temporale.
Altrimenti, buona fortuna con la vostra pizza al taglio e arrivederci al Medioevo.
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