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Sandro Pertini, lettera di Natale alla madre dal carcere fascista

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Il 23 dicembre del 1929 Sandro Pertini scrisse una lettera alla madre, in occasione del Natale, mentre era già prigioniero del regime fascista, in procinto di essere trasferito nel carcere di Santo Stefano.

La lettera di Pertini scritta per Natale alla madre dal carcere del regime fascista

Iscritto al Partito socialista fin dal 1918, dopo una prima condanna ad otto mesi di carcere per la sua attività antifascista, Sandro Pertini fu condannato nel 1926 a cinque anni di confino. Riuscì a sottrarsi alla cattura e si rifugiò prima a Milano e poi in Francia, dove ottenne asilo politico. Ma pure nel paese che lo ospitava e dove lavorava anche da muratore, subì due processi per la sua attività politica. Tornato in Italia nel 1929, sotto falso nome, Sandro Pertini diventò per un periodo di tempo il professor Nicola Durano, un funzionario del ministe­ro della Pubblica Istruzione che era precedentemente fuggito da Roma, e che quindi risultava all’ anagrafe.

Pertini venne arrestato e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato lo condannò a 11 anni di reclusione. Ne scontò sette e poi venne assegnato per otto anni al confino. Rifiutò di chiedere la grazia, anche quando la domanda fu firmata dalla madre.

Questa è la lettera che Sandro Pertini scrisse di nascosto alla madre il 23 dicembre del 1929.

Sandro Pertini alla madre, lettera di Natale dal carcere fascista

Mia buona mamma,

Son riuscito a procurarmi un pezzo di lapis e un po’ di carta e tento di scriverti nonostante questi maledetti ferri che mi stringono i polsi. Voglio che ti giungano i miei auguri per il nuovo anno, mamma, e farò di tutto perché a Napoli questa mia lettera sia imbucata. Sono qui solo in una piccola cella del vagone cellulare. Mi portano a Napoli e verso il 27 mi porteranno al reclusorio di S. Stefano. Mamma buona e santa, non ti rattristare per questa tua nuova sorte. Pensa, mamma, che lotto per un’idea sublime, tutta luce.

Oggi più di ieri io sento d’amare questa idea. Il carcere rende più profondo in me questo amore. La condanna, mamma buona, è motivo d’orgoglio per il tuo Sandro, e lo deve essere per te. Se tu sapessi con quale gioia, e con quanta fierezza io alzai dalla gabbia dopo la lettura della sentenza il grido della mia fede “Viva il Socialismo“, “Abbasso il fascismo“. E allora mi saltarono addosso furenti, turandomi la bocca quasi a soffocarmi, ma io nulla sentivo. Ascoltavo solo il mio cuore battere contento.

Scrivi alla buona Signora e diglielo che oggi più di ieri sono degno del loro affetto. Fa che non mi dimentichino. Dirai loro che auguro a tutti un anno fecondo per la nostra causa. Cerchino di lottare sempre con più ardore di ieri, perché oggi essi uomini liberi devono lottare anche per noi costretti all’inazione, che il mio spirito è sempre con loro e sogno la libertà solo per riprendere fra di loro il mio posto di combattimento.

Vorrei che il mio saluto giungesse in modo particolare al maestro e ai miei compagni di lavoro, che non dimentico. Fu lavorando con essi, che io conobbi tanto bene che prima ignoravo, e che arricchii di pregio e virtù il mio animo, rendendolo capace di affrontare serenamente prove come questa.

Sappiamo che a S. Stefano vi si trovano Zaniboni e Terracini, mi sarà difficile però vederli, perché dovrò fare circa 20 mesi di segregazione cellulare. Gramsci è ammalato gravemente, Scacianna è tisico, il Tulli è diventato cieco. Noi politici siamo sorvegliatissimi, e il carcere viene reso più duro a noi che ai reclusi comuni.

Grazie mamma, di quanto mi hai mandato, non speravo tanto. Per ora continua a scrivere a Regina Coeli perché devi fare finta di non averla ricevuta questa mia. L’unita lettera appena letta spediscila alla buona signora. Tu mamma, amami sempre così!

Ti stringe forte il tuo Sandro!

La nuova cattura, la condanna a morte e l’evasione

Sandro Pertini venne nuovamente scoperto e arrestato il 24 gennaio 1944 per essere rinchiuso nel carcere di Regina Coeli di Roma, insieme a Giuseppe Saragat e altri detenuti antifascisti, condannati a morte.

Giuliano Vassalli, uno dei padri del diritto, organizzò una clamorosa evasione, mascherata da scarcerazione attraverso documenti e certificati falsi.
Nel piano originale dell’ evasione erano compresi Sandro Pertini e Saragat, ma non erano previsti molti altri detenuti antifascisti i quali, se fossero rimasti lì, sarebbero andati incontro alla rappresaglia fascista.

Sandro Pertini si oppose al piano: Io non mi muovo di qui, se insieme a me e Saragat non escono anche gli altri compagni. E così fu, il piano fu allargato e nonostante i rischi maggiori i prigioni furono liberati tutti.
Non volevo avere sulla coscienza tutta quella gente che dopo la nostra fuga sarebbe stata fucilata, il rimorso mi avrebbe tormentato a vita, dichiarò lui stesso anni dopo raccontando di quella fuga alla stampa italiana.

Giuliano Vassalli, colui che progettò, organizzò e realizzo quella clamorosa evasione pagò cara la sua audacia: fu catturato dalle SS, torturato a Via Tasso e condannato a morte per fucilazione.
Per sua fortuna subito dopo ci fù la liberazione di Roma da parte degli alleati e si salvò da un tragico destino.

Sandro Pertini riprese la lotta partigiana per l’Italia, come combattente e dirigente della Resistenza.

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