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Le donne native americane subiscono stupri e omicidi a tassi altissimi, con indagini spesso trascurate dalla polizia USA. In 10 anni, 5712 scomparse. Il razzismo e la disumanizzazione le rendono bersagli facili, ignorati dai media e dalla giustizia. Un’emergenza silenziosa.
Donne native americane: la crisi invisibile di violenza e impunità negli USA
Un argomento terribile di cui si parla molto poco, è il fenomeno degli stupri e delle uccisioni in numeri incredibilmente alti di donne native americane. Sia che vivano nelle riserve o nelle aree urbane sono fatte continuamente oggetto di attenzione da parte di criminali stupratori e assassini di ogni genere e specie.
Le preferiscono di molto alle donne bianche, per i loro sporchi scopi, per un motivo altamente scandaloso: perché è molto è più semplice farla franca.
Già, perché quando si tratta di indagare su uno stupro, un omicidio o una scomparsa di una ragazza nativa americana, la Polizia statunitense se la prende con grandissima calma, diciamo così (utilizzando un eufemismo), con la conclusione che molto spesso non si arriva assolutamente a nulla, al punto che di sovente sono gli stessi parenti della ragazza scomparsa, ad esempio, a mettersi sulle tracce della stessa, a mobilitare la popolazione, ad apporre cartelli con il viso della scomparsa dappertutto, dal momento che incredibilmente spesso gli stessi parenti della vittima non riescono nemmeno a fare in modo che i funzionari di Polizia acquisiscano la denuncia.
Tutto ciò fa integralmente parte del razzismo impressionante esistente negli USA, dove etnie numericamente minori hanno vita molto dura. Non solo gli afroamericani quindi (ricorderete tutti il caso emblematico di George Floyd, 46 anni, ucciso a freddo a Minneapolis dal poliziotto Derek Chauvin che fermato e bloccato l’uomo – che aveva pagato un pacchetto di sigarette con una banconota falsa da 20 dollari – si accanì sullo stesso per ben 8 minuti spingendo il proprio ginocchio contro il petto del fermato immobilizzato a terra.
La scena nella quale George Floyd dice con l’ultimo soffio di fiato “non riesco a respirare”, è ben salda nella mente di tutti noi e così l’urlo conseguente delle piazze con il famoso motto “Black lives matter”), ma anche e soprattutto le donne native americane, che, anche qui, ricordiamolo bene, dal punto di vista etimologico vengono definite così proprio perché erano lì, sul suolo degli Stati Uniti, ben prima che sbarcassero Colombo e tutti gli altri conquistadores.
Gli indiani d’America son divenuti così le vittime per antonomasia della colonizzazione degli europei che, sbarcati sul suolo americano in nome di una presunta civilizzazione degli indigeni, hanno compiuto stragi infinite con migliaia se non milioni di morti.
Spesso son portato a equiparare gli indiani d’America ai palestinesi, dato che entrambi quei popoli han subito la sorte avversa di doversi confrontare nella loro esistenza con uno spietato invasore colonizzatore.
Quindi, per la società sessista e razzista di cui per buona parte l’America è infarcita (e adesso certamente le cose non miglioreranno con Trump, basti pensare che ha minacciato di espellere milioni di immigrati, ha voluto il muro con il Messico, ecc.) le donne native americane si collocano senza tema di smentita all’ultimo gradino della scala sociale americana, sostanzialmente nella mente del maschio americano è ben presente l’idea che sia possibile scatenare perversioni criminose di ogni genere sulle donne native americane come lo si voglia, tanto con grandissima probabilità la si farà franca.
La colonizzazione di cinquecento anni fa degli States ha apportato conseguenze pesantissime per i nativi americani, persone che ancora oggi ne sopportano le pesantissime conseguenze.
I nativi americani non solo furono massacrati e depredati, ma furono forzati ad assimilare la cultura bianca, la cultura dell’invasore, così che i bambini furono costretti a frequentare le scuole che venivano loro indicate, a cambiare nome, tagliare i capelli, dimenticare la loro lingua.
Ma tutto ciò non è servito a far sparire il razzismo sofferto da queste persone, tutt’altro: si stima che addirittura solo negli ultimi 10 anni – su circa sette milioni di indiani d’America ancora esistenti – siano sparite ben 5712 donne, la gran parte giovanissime (qui i dati). Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, i tassi di violenza sessuale contro le donne e gli uomini nativi sono molto più alti rispetto a quelli inferti a individui di qualsiasi altra etnia: più di quattro donne native su cinque (84,3%) hanno subito violenze almeno una volta nella loro vita, mentre il 56,1% di queste hanno subito violenze sessuali [National Institute of Justice (NIJ)].
Numeri riportati per difetto, perché l’idea dominante è che in effetti le vittime di pesanti reati compiuto da maschi americani siano molte di più. Come si diceva precedentemente poi, molto spesso la Polizia – scandalosamente – archivia la denuncia di sparizione senza che venga preso il responsabile; il tutto con la sordida complicità anche dei media, che molto spesso danno notizia della scomparsa di una donna bianca ma non di una nativa americana.
In buona sostanza, come già si diceva, essere una donna nativa americana negli USA equivale ad essere assolutamente nulla, qualcosa pari a zero, terribile disumanizzazione che espone tali persone a enormi rischi e alla mercé di balordi, malintenzionati e assassini.
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