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Il labirinto dei senzatetto e la lezione di Terry Gillian

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Un senzatetto viene arrestato per il rogo che ha distrutto la “Venere degli stracci” a Napoli. Un altro pochi giorni fa è stato pestato a morte da due minorenni. Gli invisibili diventano visibili solo se entrano nella cronaca. Preferibilmente nera.

Il labirinto dei senzatetto

Qualche giorno fa a Pomigliano un senzatetto di quarant’anni è morto dopo il pestaggio da parte di due sedicenni.

Un altro era morto nella Galleria Umberto a Napoli l’anno scorso. Lessi che il comune si era attivato per allontanarli da lì, “a tutela del decoro“, invitando i volontari a non fornire più cibo e coperte. Così li sposti, non fai inorridire i turisti, ma il problema resta.

Gli “invisibili“, così li chiamano anche se sono tanti e li vediamo tutti, diventano visibili per i media se occupano le storiche gallerie o vandalizzano, come ha fatto Simone, l’opera d’arte contemporanea.

Il problema, serio, non ha radici solo nella povertà, visto che molte di queste persone si sono letteralmente perse e quindi occorrerebbe ascolto, più che assistenza. Ma se le amministrazioni di destra usano il pugno duro, quelle di sinistra oscillano tra indifferenza e ricette ipocrite.

Ogni volta che vedo un “invisibile” penso a Robin Williams in “La leggenda del re pescatore” di Terry Gilliam. E mi ricordo che lui imponeva ai registi per cui recitava di assumere dei clochard. Gilliam sostiene che Williams, col personaggio del professore diventato un barbone, avesse dato vita ad uno dei personaggi “più vicini a come era Robin davvero: la pazzia, i danni, il dolore, la dolcezza, la sfacciataggine“. Aggiungendo: “Penso che sia il ruolo che lo ha più portato vicino ai suoi limiti.”

Quel film dice molto sulle spirali autodistruttive in cui può finire chiunque per effetto di eventi tragici che possono colpirci. E però racconta che c’è una via. Il Santo Graal, dice Gilliam, è l’amore.

Un clochard 32enne viene fermato mentre mangia in mensa, è accusato di aver dato fuoco alla Venere degli stracci. Ma quell’opera tutto sommato era sua, visto che parliamo di uno straccione. Farà della galera? Cosa può aggiungere al suo percorso, al dramma? Avrei voluto sentire mezza parola dall’amareggiato artista, mezza parola su Simone. Lo avrebbe reso, si, più umano e pure più vicino al senso vero dell’arte.

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Mario Colella
Mario Colella
Garibaldino

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