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La cantautrice irlandese Sinéad O’Connor è morta a 56 anni. Il boom mondiale tra gli anni 80 e 90 le crisi, l’isolamento e una maturità segnata da perdite e dolori. Lascia tre figli. Un quarto, Shane, era morto l’anno scorso a 17 anni, ultima tragedia della sua vita.
“È con grande tristezza che diamo l’annuncio della morte della nostra amata Sinéad. La sua famiglia e gli amici sono devastati e chiedono che sia rispettata la privacy in un momento così difficile”. Nessun dettaglio in più. Meglio così.
Sinéad, 2 U.
Scrivevo questo nel gennaio 2020, in occasione di un’altra tragedia:
“Di fronte alle fragilità umane bisogna avere grande rispetto, anche quando sembrano non appartenerci. Il dramma della perdita di un figlio, poi, è quanto di più devastante possa immaginare un genitore. Dopo, la tua vita non è più vita, semplicemente. Ma dico banalità…
A 20 anni – i suoi, i nostri – la sua voce da brivido ci spaccava il cuore. Ma non aveva minor impatto il look a metà strada tra il punk e il monachesimo. Dal richiamo del Salmo 91 sull’esordio (1987) alla ripresa di una delle meraviglie partorite da Prince (1990), ci tenne in ostaggio e rappresentò la Janis Joplin di una generazione. Dopo, certo, c’è stato altro, molto altro, un percorso fatto di rabbia, frustrazione, depressione, dolcezza, generosità, instabilità, e la lenta, graduale distruzione di quella voce e di un grande talento. Fino a questa tragedia inconcepibile.
Ti auguro ciò che sembra impossibile, Sinead.”
Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
Ti coprirà con le sue penne
sotto le sue ali troverai rifugio.
La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza;
non temerai i terrori della notte
né la freccia che vola di giorno,
la peste che vaga nelle tenebre
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
Sinéad O’Connor – I Am Stretched on Your Grave
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