Vincenzo De Luca, lo sceriffo cabarettista, con le dirette dalla pagina Facebook sconfina in immaginifiche iperboli da bar dello sport.
Vincenzo De Luca, lo sceriffo cabarettista
Con le dirette dalla pagina Facebook ufficiale, De Luca avrebbe raggiunto numeri da politica USA, ha scritto Il Corriere della Sera, citando un membro dello staff del governatore.
La sintesi perfetta che racconta la parabola del pensiero e del linguaggio del Presidente della regione Campania è dello stesso De Luca: Credo di aver dato lavoro ai giornalisti italiani più di Rupert Murdoch.
Dal 1990, anno della sua prima elezione al Consiglio Comunale di Salerno, la tecnica di Vincenzo De Luca nello smantellare con estro e destrezza le regole del politicamente corretto, si è così raffinata da sconfinare nelle praterie dell’iperbole da bar dello sport.
Le sue intemerate settimanali su Facebook, quei monologhi costruiti come racconti grotteschi, svelano il pantheon di De Luca e la sua incessante narrazione di se.
Periodicamente, col mutare degli assetti politici, dei suoi incarichi, delle problematiche pubbliche, variano anche i destinatari delle sue invettive: dai cittadini idioti, agli imbecilli distratti, agli animali, ai giornalisti, le chiattone e poi gli untori, i runners, i cinghialoni, fino al Salvini venditore di cocco.
Il circo mediatico nazional-popolare, tra una diretta Facebook e una imitazione di Maurizio Crozza, che in realtà appare più un espansione, quasi una memoria esterna dell’originale, ha scoperto e amplificato il suo ringhiare all’avversario di turno nel ring della polemica.
La costruzione del linguaggio deluchiano
Il registro linguistico è il principale metro di misura della capacità di ricostruire un immagine e veicolare la sfiducia che il cittadino nutre nei confronti della politica verso altro da se; affiancandosi ad essi come se non appartenesse allo stesso circo. De Luca, Vicienzo, vuol apparire altro. È il vecchio zio al pranzo di famiglia, dalla battuta pronta, anche un po’ fascistello (nonostante la sua carriera politica sia tutta nel campo delle mutazioni del ex partito comunista) che però dice a tutti, se c’è un problema, tranquilli, ci penso io.
Questo, lo ha reso popolarissimo in grandi fasce della popolazione (contemporaneamente rendendolo inviso ad altrettante grande fasce). Chi ancora si sorprende non ha compreso che senza il suo personale registro linguistico De Luca non esisterebbe.
E questa dinamica che genera consenso rimanda continuamente al desiderio di uomo forte in grandi percentuali dell’elettorato.
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De Luca, l’uomo forte
Il desiderio dell’uomo forte al potere è una conseguenza dei momenti di crisi e incertezza, ed è un principio così universalmente valido che uno degli aspetti forse più sorprendenti del fenomeno De Luca è l’apprezzamento ricevuto anche da insospettabili.
Ricordiamo, per esempio, quandola top model Naomi Campbell ha condiviso su Instagram il video con il famoso messaggio dei lanciafiamme promesso da De Luca a chi provasse a organizzare feste di laurea in questo periodo di lockdown, accompagnandolo con l’esortazione ai politici americani di seguire l’esempio.
Il ruolo narrativo è quello di difensore a tutti i costi dell’ordine pubblico e, insieme, di politico d’un tempo, quello fantasticato nella memoria del paese, quando c’erano persone come Berlinguer e Almirante, personaggi tutti d’un pezzo, poco propensi a scendere a compromessi, disposti a dire le cose come stavano realmente. Galantuomini forti.
Peccato che si tratti di fantasie, come quella, appunto, dell’Almirante galantuomo. Come se buone maniere pubbliche, il non urlare o starnazzare in tv, cancellassero il passato di uno dei firmatari del Manifesto della razza, durante il fascismo, uno dei punti più oscuri della storia di questo paese. Ma tant’è. Il linguaggio diviene il messaggio.
I tormentoni
Non è un caso, insomma, che le stesse dirette Facebook di De Luca abbondino di frasi a effetto, pronte a trasformarsi in modi di dire, tormentoni sulla bocca di tutti. Dai già citati carabinieri coi lanciafiamme, alle mascherine di Bunny il coniglietto in polemica con la Protezione Civile quando era difficile l’approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, passando per i cinghialoni con la tuta alla zuava visti correre affannando sui lungomare delle città campane o le critiche verso chi chiedeva la riapertura anticipata delle chiese, per parlare con il Signore, senza domandarsi mai se il Signore abbia voglia di ascoltarli o meno».
Vincenzo De Luca indigna come indignano gli scandali in tv, senza alcuna conseguenza, ma anzi, ammirando il coraggio della scorrettezza, poiché ha la forza di dire e fare quello che non tutti hanno.
De Luca, lo sceriffo, il monarca, appare a molti come la possibilità reale dell’uomo forte che funziona, non come il capitano, Salvini, troppo preso dai piaceri della vita, tra discoteche e annusate di pecorino, per essere credibile.
De Luca ci fa capire meglio di ogni altra cosa la deriva delle maggioranze silenziose.
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