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Kaja Kallas, la dilettante alla guida della diplomazia UE: tra gaffe, arroganza e irrilevanza globale

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Kaja Kallas, Alto rappresentante UE, si dimostra inadatta: ignora i funzionari esperti, lancia proposte senza consenso e agisce da ex premier più che da diplomatica. Risultato: errori su Ucraina, Gaza e Siria, isolamento europeo e irrilevanza crescente.

Kaja Kallas e l’illusione della diplomazia europea: un’incaricata inadatta a una crisi globale

A soli cinque mesi dalla sua nomina ad Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas ha già accumulato una serie di scivoloni diplomatici, errori strategici e manifestazioni d’inadeguatezza che mettono in discussione la sua idoneità a ricoprire uno dei ruoli più delicati e simbolicamente potenti della macchina istituzionale europea.

Non si tratta di critiche isolate: osservatori, funzionari europei e analisti specializzati, da InsideOver fino all’ultraliberista e guerrafondaio Il Foglio, tracciano un profilo preoccupante della sua gestione. Il ritratto che emerge è quello di una figura tecnicamente impreparata, politicamente improvvisata e pericolosamente autoreferenziale.

Un curriculum che non basta

Kaja Kallas, ex premier estone, è stata presentata come volto nuovo e deciso della diplomazia europea, capace di portare fermezza atlantista e spirito baltico nella sfida con Mosca. Tuttavia, una volta entrata nei meccanismi complessi e multilaterali dell’UE, ha dimostrato di non saper gestire né le priorità né i processi decisionali.

Secondo fonti interne al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Kallas ha ignorato le competenze e i consigli degli alti funzionari in servizio da anni, scegliendo invece di allontanare molti di loro e circondarsi di collaboratori senza l’esperienza necessaria.

Il risultato? Una sequenza di iniziative mal concepite e mal comunicate. L’esempio più lampante è la proposta, lanciata senza alcun coordinamento, di un fondo da 40 miliardi per l’Ucraina, subito ridimensionato a 5 miliardi e infine sparito nel nulla. Questo episodio rivela non solo l’assenza di visione strategica, ma anche una scarsa comprensione delle dinamiche istituzionali europee, dove la costruzione del consenso è un prerequisito essenziale.

Valori a corrente alternata

Un’analisi di Andrea Muratore su InsideOver coglie nel segno: la diplomazia europea, sotto la guida di Kallas, appare non solo inefficace, ma anche incoerente e opportunista. L’Unione si mostra inflessibile in Ucraina, ignava in Iran, e ambigua in Azerbaigian.

Questo “universalismo dei valori” applicato a corrente alternata mina la credibilità della UE a livello globale, accentuando l’impressione che l’Europa sia sempre più periferia e non più centro dei processi strategici internazionali.

In questo contesto, la figura di Kallas non solo non riesce a correggere la rotta, ma anzi ne incarna i limiti. La sua rigidità ideologica nei confronti della Russia — comprensibile data la sua storia personale e nazionale — si traduce in una visione diplomatica monocorde, incapace di cogliere le sfumature del contesto globale.

Lo testimonia la sua assenza dalla missione franco-tedesca a Damasco, dove si discuteva del nuovo assetto siriano dopo la caduta di Assad, e la sua reattività tardiva e inefficace sulla crisi di Gaza, spesso gestita solo tramite comunicati stampa e deleghe ai portavoce.

Un ruolo svuotato, una Commissione accentratrice

Ma la debolezza di Kallas non si esaurisce con le sue azioni (o inazioni). Essa riflette una dinamica più ampia: l’accentramento del potere da parte di Ursula von der Leyen, che ha costruito una Commissione su misura, debole nei contrappesi, e che non lascia spazio a personalità autonome.

Von der Leyen ha istituito un commissario per la Difesa (sottraendo de facto competenze all’Alto rappresentante), e creato una Direzione generale per il Mediterraneo, con un’estensione d’influenza fino al Golfo Persico, il tutto senza un vero dibattito istituzionale.

Kallas, lungi dal contrastare questa concentrazione di potere, vi si è adattata, aggiungendo ulteriore confusione. Agisce, secondo fonti interne, come se fosse ancora alla guida di un piccolo governo nazionale: propone idee senza cercare il consenso, scavalca i meccanismi di concertazione e ignora le resistenze degli Stati membri.

Il risultato? All’incontro diplomatico di Monaco, in un momento cruciale per la sicurezza europea, hanno partecipato solo otto ministri degli Esteri su 27. Il resto dell’Europa ha scelto l’assenza, un segnale devastante per la legittimità della leadership di Kallas.

L’Europa non può permettersi un’altra crisi di rappresentanza

In un contesto internazionale in cui l’Europa è chiamata a difendere il proprio spazio geopolitico tra le pressioni di Stati Uniti, Cina e nuove potenze regionali, l’Alto rappresentante per la politica estera non può essere un ruolo decorativo o peggio ancora, un elemento di confusione.

La figura di Kaja Kallas, segnata da un’impronta ideologica rigida, un approccio decisionista inadatto al contesto europeo, e una serie di errori tattici e strategici, rappresenta oggi una debolezza strutturale nella catena di comando europea.

Se Bruxelles non saprà rivedere profondamente il proprio approccio, e le figure che lo incarnano, l’UE resterà prigioniera delle sue contraddizioni, osservatrice impotente dei processi che vorrebbe guidare.

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