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Il crollo del Movimento 5 Stelle (M5S) alle recenti elezioni regionali, con risultati ben al di sotto del 5% in Umbria ed Emilia-Romagna, è solo l’ultimo capitolo di una strategia più ampia volta a ridimensionare e marginalizzare il partito a guida Giuseppe Conte. Questo scenario si sviluppa in un contesto in cui il M5S, pur tra contraddizioni e trasformazioni, ha cercato di definire un’identità più chiara e progressista.
Il sistema politico contro il tentativo di evoluzione del M5S a guida Conte
Giuseppe Conte ha tentato di trasformare il Movimento da un’entità “pigliatutto” e protestataria a una forza politica coerente con un programma di sinistra attento ai temi sociali e di politica estera.
Questa evoluzione, benché apprezzabile sotto molti aspetti, ha incontrato resistenze interne ed esterne. Il DNA del M5S, caratterizzato da un rifiuto della mediazione e delle strutture partitiche tradizionali, ha ostacolato la transizione verso un modello più organizzato e duraturo.
All’origine, il Movimento ha capitalizzato il malcontento diffuso nell’Italia profonda, intercettando frustrazioni e rancori verso la politica tradizionale. Tuttavia, con l’ascesa al governo nel 2018, la sfida di trasformare il populismo in una forza politica stabile e radicata è stata persa, complicata anche dalla pandemia di Covid-19.
Ma il sostegno del Movimento al governo Draghi ha minato il legame con le sue basi popolari, alimentando il declino.
Il ruolo dei media e dell’establishment
Uno dei fattori determinanti per il ridimensionamento del M5S è stato l’atteggiamento dei media e dell’establishment politico.
Durante la guida di Beppe Grillo, il Movimento è stato funzionale a certi obiettivi: ha indebolito il Partito Democratico di Bersani, ha promosso misure antipolitiche apprezzate dai poteri forti, come il taglio dei parlamentari e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
Tuttavia, sotto la leadership di Conte, il M5S non è più percepito come uno strumento utile, bensì come una minaccia per il sistema consolidato.
I media hanno adottato un approccio sistematico per ridurre la visibilità del Movimento. Le parole di Conte e degli altri leader vengono spesso ignorate, mentre l’attenzione si concentra esclusivamente su divisioni interne, sconfitte elettorali e momenti di crisi. Questo isolamento mediatico contribuisce a una narrazione negativa, che amplifica la percezione di debolezza del Movimento.
L’establishment teme Conte
L’ex Presidente del Consiglio ha dimostrato capacità di governo che superano quelle di leader più blasonati del centrosinistra, come Renzi, Letta e Gentiloni. Proprio questa credibilità rappresenta un problema per un sistema che teme il potenziale di un M5S trasformato in una forza politica strutturata e orientata al cambiamento.
L’obiettivo sembra essere quello di spingere il Movimento verso l’irrilevanza politica, sfruttando un mix di marginalizzazione mediatica, narrazioni tossiche e pressioni istituzionali.
Un declino costruito o inevitabile?
Il futuro del Movimento 5 Stelle dipenderà dalla capacità di resistere a queste pressioni esterne e di completare la transizione avviata da Conte. Tuttavia, l’assenza di una struttura partitica solida e di una cultura politica della mediazione potrebbe rendere difficile questa impresa.
L’establishment, che un tempo tollerava il M5S per il suo ruolo funzionale, ora sembra determinato a cancellare la sua presenza politica. Resta da vedere se Conte riuscirà a invertire la rotta, rilanciando un Movimento capace di rappresentare una vera alternativa nello scenario politico italiano.
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