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La Germania punta sul riarmo per rilanciare un’economia in recessione e arginare l’ascesa populista. Missili e carri armati sostituiscono treni e welfare, mentre il debito cresce e la paura di Putin diventa strumento di controllo sociale. Una scommessa disperata.
Germania, un riarmo come risposta alla crisi economica
Il riarmo della Germania, recentemente descritto dal Financial Times come una “svolta industriale”, solleva interrogativi profondi sulle reali motivazioni che guidano Berlino.
Secondo il quotidiano britannico, l’incremento della produzione militare rappresenterebbe una speranza per i lavoratori colpiti dalla crisi del settore manifatturiero.
Tuttavia, in un contesto di crescita economica nulla e di recessione prolungata – con il PIL in contrazione dello 0,2% nel 2024 e dello 0,3% nel 2023 – appare quantomeno singolare che un piano di riarmo venga presentato come panacea economica.
Ma la crisi tedesca ha radici profonde, intrecciando fattori esterni come la pandemia e la guerra in Ucraina a difficoltà interne: la gestione incerta della transizione energetica, l’avanzata dei populismi e la crisi del sistema politico tradizionale.
Per rispondere a tali sfide, il governo tedesco ha scelto di puntare su un massiccio piano di deficit-spending: mille miliardi di euro, metà dei quali destinati alle infrastrutture, il resto al rilancio del settore militare-industriale. Una strategia che punta a riassorbire disoccupazione e malcontento, pur rischiando di rivelarsi insufficiente, dato il persistente immobilismo del PIL.
Missili prima dei treni: un’inversione di priorità
Emblematico è il caso della storica fabbrica di treni di Görlitz: fondata 176 anni fa, sarà convertita alla produzione di componenti per carri armati Leopard II e veicoli Puma. La transizione, voluta dall’appaltatore della difesa KNDS dopo la chiusura del sito da parte di Alstom, evidenzia una trasformazione strutturale dell’economia tedesca: dalle infrastrutture civili alla produzione bellica.
Si tratta di una scelta imposta non solo dalla crisi economica, ma anche dal tentativo di ridefinire le priorità strategiche del Paese, sacrificando il welfare e la modernizzazione interna sull’altare della difesa militare.
Il riarmo viene giustificato con la minaccia rappresentata dalla Russia, nonostante l’evidente sproporzione tra la narrativa allarmistica e i reali sviluppi militari.
La crisi commerciale globale, esacerbata dai dazi imposti dagli Stati Uniti di Donald Trump, ha pesantemente colpito l’export tedesco, ma la retorica dominante preferisce evocare il pericolo esterno per legittimare scelte di spesa che in tempi ordinari sarebbero state difficili da giustificare. La paura dell’invasione diventa così uno strumento di controllo sociale, utile per comprimere le tensioni interne e neutralizzare la crescita dei populismi.
Il rischio politico: la crescita dell’AfD
Le difficoltà economiche hanno avuto effetti politici rilevanti. Secondo un recente sondaggio Ipsos, il partito populista di destra Alternative für Deutschland (AfD) ha superato la CDU nei consensi, raggiungendo il 25% contro il 24% dei cristiano-democratici. Un dato che preoccupa le élite politiche, soprattutto nei Länder orientali come Sassonia e Turingia, tradizionalmente più sensibili al messaggio dell’AfD.
Il rischio di una radicalizzazione del consenso popolare rende ancora più urgente, per il governo, trovare strumenti per mantenere la stabilità, anche a costo di alimentare una spirale militarista.
Le ombre sul futuro
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha espresso scetticismo sulla possibilità che il riarmo e l’indebitamento riescano a rilanciare in modo duraturo l’economia tedesca. Il rischio è che il Paese, pur aumentando il debito e l’inflazione, resti intrappolato in una stagnazione prolungata, con una società sempre più polarizzata.
In questo quadro, la scelta di puntare tutto sul riarmo appare come una scommessa disperata, che potrebbe accentuare le fragilità anziché risolverle.
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