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La crisi politica che attraversa la Francia ha raggiunto un punto di svolta con la caduta del governo Barnier, il più breve nella storia della Quinta Repubblica. Dopo soli tre mesi, il governo è stato sfiduciato da una mozione presentata dalla sinistra del Nuovo Fronte Popolare e sostenuta dall’estrema destra del Rassemblement National guidato da Marine Le Pen. L’evento, una rarità nella storia politica francese, ha scatenato un terremoto politico che mette al centro il presidente Emmanuel Macron e la sua capacità di governare in una situazione di crescente instabilità.
Crisi in Francia, cade il governo Barnier: un primato negativo
Il governo Barnier è stato il secondo esecutivo nella storia della Francia a cadere su una mozione di sfiducia parlamentare, dopo il governo Pompidou nel 1962. La mozione è stata votata in un contesto di forte contestazione sul bilancio delle pensioni e sulla finanziaria per il 2025. L’esecutivo si è trovato isolato, incapace di formare una maggioranza stabile, e il suo crollo è coinciso con il rientro di Macron da un viaggio di Stato in Arabia Saudita, accentuando l’immagine di un presidente distante dai problemi interni.
Macron nel mirino: il Presidente contestato
La crisi non riguarda solo il governo, ma si rivolge direttamente contro Macron. Anna Maria Merlo, dal Manifesto, sottolinea che il presidente ha respinto l’ipotesi di dimissioni nonostante il vuoto politico attuale. La situazione si aggrava a causa delle tensioni sociali, con scioperi in settori cruciali come la scuola e l’industria, e una prospettiva economica preoccupante, con 160.000 posti di lavoro a rischio. In questo clima di malcontento generale, persino le cerimonie per la riapertura di Notre Dame, simbolo di rinascita dopo l’incendio del 2019, assumono un tono amaro.
Una Francia divisa
Eric Coquerel, leader di France Insoumise, ha accusato il governo Barnier di essere un esecutivo privo di legittimità, nominato da un presidente sconfitto nelle elezioni anticipate. L’accusa si estende anche a Macron, accusato di ignorare i cittadini e di cercare compromessi con l’estrema destra. Marine Le Pen, pur votando la mozione di sfiducia presentata dalla sinistra, non nasconde il suo disprezzo per un governo definito tecnocratico e distante dalle esigenze dei francesi.
Tuttavia, le ambizioni di Le Pen sono minacciate da vicende giudiziarie: il 31 marzo è attesa una sentenza che potrebbe renderla ineleggibile per cinque anni, compromettendo la sua possibilità di candidarsi alle presidenziali.
Il Partito Socialista e i Verdi vedono in Macron il vero ostacolo alla stabilità del Paese, mentre il Partito Comunista mette al centro i diritti delle classi popolari, colpite da prospettive di austerità. Nel frattempo, Jean-Luc Mélenchon osserva la situazione da spettatore attento, immaginando un possibile ritorno sulla scena politica con eventuali presidenziali anticipate.
L’incertezza domina il dibattito. Se Macron riuscirà a nominare un nuovo primo ministro e a ricostruire una maggioranza parlamentare rimane un interrogativo aperto. La Francia si trova in un momento cruciale, in bilico tra il rischio di una paralisi politica e la possibilità di un nuovo capitolo nella sua storia politica. Come ha detto Mélenchon, il Paese vive un’“atmosfera crepuscolare” che potrebbe preludere a cambiamenti significativi.
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