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La fattispecie e il caso concreto: due strani esempi

Teoricamente qualsiasi azione potrebbe arrecare un danno a terzi, entriamo nel campo della fattispecie e del caso concreto con due casi particolari.

La fattispecie e il caso concreto

Le scienze giuridiche sono considerate dai non addetti ai lavoro una materia seriosa, noiosa, poco creativa. In realtà, vi sono una serie di combinati disposti – regole ricavate dal riferimento a più norme che si integrano le une con le altre – che possono dar luogo a interessanti e buffe casistiche.

Il nostro diritto si basa su un corpus di norme astratte: esse definiscono delle situazioni ipotetiche, dette fattispecie, che il giudice dovrà applicare ai casi concreti. Attraverso l’attività di interpretazione delle leggi, dovrà capire quale regola giuridica meglio si adatta a quel determinato fatto.

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Il primo comma dell’articolo 24 della Costituzione definisce il principio fondamentale in merito al ricorso al giudice: tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Si parla di diritti soggettivi per indicare la facoltà di pretendere un determinato comportamento da parte dei soggetti terzi.

Si parla di interessi legittimi quando la protezione avviene indirettamente e ha come finalità la legittimità di un atto giuridico: ad esempio, in un concorso pubblico, l’interesse ad avere una commissione imparziale riguarda non solo il singolo, ma tutti i partecipanti. E se la commissione non fosse imparziale e qualcuno decidesse di adire le vie legali, non è detto che questo potrebbe garantirgli il superamento del concorso, con una nuova commissione, se non è preparato.

La fattispecie e il caso concreto, due strani esempi

L’articolo 2043 del codice civile illustra le premesse per il ricorso al Tribunale: qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Ne consegue che, chiunque ritenga di aver subito un danno ingiusto e riesca a dimostrare che vi sia un rapporto di causa-effetto tra un determinato comportamento e il danno subito, ha diritto a essere risarcito.

Il codice civile non fornisce alcuna definizione di fatto doloso o colposo: teoricamente, qualsiasi azione potrebbe essere in grado di arrecare un danno a terzi. Vediamo due situazioni apparentemente normali che si sono trasformate in un grosso problema per i soggetti coinvolti.

Un paio d’anni fa, un alunno friulano ha denunciato l’insegnante di inglese colpevole di una valutazione troppo severa: dopo numerosi tentativi fatti per interrogarlo, l’ultimo giorno di scuola il professore gli aveva rivolto una serie di domande alle quali non aveva avuto risposta. Il voto era stato tre.

Secondo i genitori e l’avvocato, dal momento che lo studente aveva una media elevata, tale valutazione negativa gli aveva procurato uno stato di profonda prostrazione e stress, che avrebbe portato anche a disagi di natura fisica, certificati dai referti sanitari firmati dal medico di famiglia. Il caso è stato archiviato dal Giudice per le Indagini Preliminari, ma i genitori si sono opposti e hanno chiesto di poter produrre ulteriori certificati medici a conferma del profondo malessere in cui versa il loro figlio.

La fattispecie e il caso concreto, due strani esempi

Più o meno nello stesso periodo, in provincia di Messina, un automobilista ha parcheggiato a pochi centimetri da un altro veicolo. Non potendo uscire dal lato guidatore, la persona che si trovava dentro l’altra vettura è stata costretta a utilizzare il lato passeggero. E lo ha denunciato.

L’automobilista è stato accusato e condannato per il reato di violenza privata (articolo 610 del codice penale) dal momento che, secondo la Cassazione, con tale condotta il ricorrente ha pesantemente condizionato la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa.

Il giudice ha ritenuto accettabile la versione del Pubblico Ministero, secondo cui vi è un nesso causale tra parcheggiare troppo vicino all’auto di qualcuno e il danno subito in termini di libertà di autodeterminazione.

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Potremmo passare in rassegna altre interessanti sentenze, ma il nocciolo della questione è il seguente: attenzione perché la presunzione della conoscenza delle leggi è assoluta, ovvero non ammette prova contraria. Un comportamento per noi del tutto nella norma, in un’ottica di combinati disposti e di zelanti attori (nel processo l’attore è colui che denuncia) e giudici, potrebbe metterci in guai seri addirittura dal punto di vista penale!

Qualcuno potrebbe obiettare che in Italia nessuno va più in galera, ma un processo comporta spese – la parcella di un avvocato dipende dal valore della causa, ma difficilmente scende al di sotto dei 1.000 euro – che vengono rimborsate, in caso di vittoria, ma vanno comunque anticipate.

Massimiliano Scarna
Massimiliano Scarna
Ha scritto di cinema e informatica su svariate riviste nazionali (Horrormania, IdeaWeb…), insegna diritto ed economia nelle scuole superiori. Ha pubblicato tre antologie di racconti – Istanti d’istanti, Extra e Ultrabizzarro– più una manciata di storie su riviste, e siti web. Ama i libri, la musica metal e il cinema.

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