Il caso bonus partite iva sta suscitando polemiche ed entra direttamente nella campagna referendaria sul taglio dei parlamentari.
Bonus partite iva, arrivano gli avvoltoi
Il caso dei bonus partite iva richiesti da parlamentari e poi allargato a varie figure nell’ambito della politica locale e regionale, sta suscitando polemiche e la reazione dell’indignato speciale, il popolo del web.
Con grande risonanza su tutti i media nazionali abbiamo saputo che 5 deputati, 1 del M5S, 3 della Lega e 1 di Italia Viva, avrebbero richiesto (e ottenuto) il bonus di 600 euro previsto nel DPCM Cura Italia, una norma prevista per sostenere i liberi professionisti che abbiano subito un calo dell’attività professionale a causa del lockdown.
A livello normativo non è stato compiuto alcun abuso. Nessuna regola vieta a un parlamentare fornito di partita i.v.a. di chiedere questo sussidio. Inoltre, non essendo stati stabiliti limiti reddituali, anche a loro è stato concesso di poter presentare l’istanza.
A livello di opportunità, che è quella che spesso conta ancor di più in politica, il fatto è particolarmente spiacevole, per usare un eufemismo.
L’immagine che tanto si cerca di combattere, di una classe politica e dirigenziale fatta di furbetti e avvoltoi, ne viene rafforzata in maniera clamorosa.
Una misura frettolosa
La misura era stata partorita sotto la sferzata pubblica del fare presto, il paese piange(va) miseria e occorreva far presto. Era dunque incondizionata. Faceva affidamento sul senso di responsabilità e di solidarietà di una comunità di fronte alla tragedia immortalata dalle terribili immagini delle bare trasportate via da Bergamo sui mezzi militari. Purtroppo, responsabilità e solidarietà non sono nello spirito di tutti.
È vero però che i duemila politici coinvolti nel caso dei furbetti del bonus Iva, includono anche amministratori di comuni piccoli e piccolissimi, con meno di 1000 abitanti. Ma l’indennità mensile del primo cittadino di un piccolo comune non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di un deputato.
Si tratta di cifre modeste che variano in base al numero degli abitanti del comune. In alcuni comuni con meno di 1000 abitanti i sindaci non prendono lo stipendio, gli assessori al massimo hanno un rimborso di 150 euro
Le tabelle previste dal regolamento attuativo della legge Bassanini sull’indennità di funzione degli amministratori locali, deciso dal governo per premiare i sindaci delle piccole realtà locali, in base al decreto fiscale, appena pubblicato in Gazzetta ufficiale il 4 agosto, segnala i nuovi aumenti ma siamo ancora lontani dalle cifre del parlamento e di province e regioni.
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Denuncia e silenzio dell’INPS
L’anomalia della vicenda, a livello mediatico, è il silenzio sui nominativi dei parlamentari coinvolti. Siamo abituati a scandali in cui ci si fionda sopra con nomi, cognomi, dettagli scabrosi sui protagonisti; ora, improvvisamente, tutta la comunità mediatica scopre il diritto alla privacy.
Ma allora com’è trapelata la notizia? Dall’INPS stessa che ha effettuato delle verifiche sull’opportunità di chiedere un sussidio.
Qualcosa non quadra. Se la misura era a pioggia, incondizionata per le partite iva, come mai l’ente previdenziale si mette a spulciare migliaia di istanze per valutarne i soggetti?
Sarà sicuramente una prassi consolidata, seppur non nota a tutti. Ma il sospetto che alcuni ambienti del governo in vista del Referendum 2020 che chiamerà gli italiani a decidere sulla riduzione del numero dei parlamentari, abbiano volutamente fatto trapelare la notizia, è più che lecito.
L’area pentastellata si gioca molto del suo futuro con questo quesito referendario molto sentito dalla base e un risultato sfavorevole sarebbe un grosso macigno sui già precari equilibri interni.
Giuseppe Conte e il referendum sul taglio dei parlamentari: “Non mi preoccupa”
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