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Alla vigilia del 25 Aprile, la Resistenza viene strumentalizzata in chiave atlantista: l’Ucraina diventa “partigiana”, il riarmo una “resistenza”. Si cancella la lezione di Pavone e si tradisce lo spirito della Costituzione. Un depistaggio che merita fischi, non applausi.
25 Aprile, il depistaggio
– Fausto Anderlini*
In prossimità del 25 Aprile, già ci danno sotto (Leggete la frase di Veltroni riportata nella foto alla fine dell’articolo). La Resistenza viene ridotta a un confronto astratto e semplificato fra democrazia e dittatura. Donde il refrain della lotta senza quartiere fra democrazie e autocrazie. Donde il riarmo come “resistenza organizzata”. Donde l’esercito ucraino come avanguardia “partigiana”, e tutto il resto a seguire. Come il divieto imposto da Kallas di partecipare al 9 Maggio, giorno della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista…
Una mistificazione revisionista che obnubila completamente la lezione di Claudio Pavone. Ovvero che la Resistenza coincise con tre guerre, spesso combattute dallo stesso insorgente: quella patriottica, quella civile e quella di classe. Per questo, nella nostra Costituzione – grande compromesso politico fra tutte le correnti di pensiero – è stampata una nuova idea di patria: il rifiuto della guerra e il compromesso sociale con al centro il lavoro.
Le destre hanno combattuto e disatteso in più modi questo indirizzo, che accoglie elementi cruciali del socialismo, per tutto il corso della Repubblica. Ma è il PD, con il suo fatuo europeismo, ad aver inferto i colpi finali più dolorosi. E ancora non si ravvede, come dimostra l’ennesima uscita dell’esponente qui sotto raffigurato, subito raccolta con laude da Bonaccini. Un emiliano che, quantomeno, dovrebbe conoscere la storia della regione che ha persino amministrato. Una storia che si è dipanata fino all’agosto del 1980. Un vero depistaggio, quasi da rasentare quello della P2.
C’è da aspettarsi che molte cerimonie ufficiali seguiranno questo vieto spartito. Se così sarà, mi auguro che bordate di fischi accolgano gli indegni oratori.
* Dalle riflessioni social di Fausto Anderlini
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