Un insolita bottiglia “griffata”, il whisky Cosa nostra fa capolino tra gli scaffali dell’enoteca di un supermercato che porta il marchio Conad a Reggio Emilia ed è subito richiamo al Padrino e alla mafia degli anni ‘30.
Whisky Cosa nostra, ironia o cattivo gusto?
La nota associazione criminosa, il cui termine deriva dalle dichiarazioni del pentito Buscetta alla metà degli anni 80, ha segnato la storia del paese dai più remoti tempi fino a rimanere impressa nei nostri giorni.
Una bottiglia nera a forma di mitra che non lascia molto spazio all’immaginazione: icona di una piaga che ricorda i leggendari boss Al Capone e Lucky Luciano, con tanto di accurata descrizione fornita dai produttori.

Grazie a una ricerca su internet, scopriamo che il liquore incriminato è scozzese e la sua forma ricorda l’ormai vintage Tommy Gun dell’omonimo ideatore, ovvero il simbolo dell’arma dei celeberrimi boss mafiosi sopra citati.
Il fucile imputato divenne famoso per essere utilizzato da militari, criminali, forze di polizia e anche civili, molto apprezzato per la sua ergonomia e compattezza, nonché per l’elevata frequenza di fuoco.
Nella descrizione seguono le proprietà organolettiche del liquore: il sapore è sottile ma forte, presenta un colore ambrato, al palato si mostra intenso ed ha una consistenza vellutata.
Sapore delizioso forse, ma retrogusto non proprio gradevole: l’involucro del liquore lascia infatti l’amaro in bocca e un pizzico di disappunto a un grande pubblico di consumatori che dissente dalla trovata commerciale.
“L’arma del delitto” ha quindi urtato la sensibilità di varie persone che hanno giudicato l’oggetto in questione “di cattivo gusto”.
Le immagini della bottiglia sono immediatamente corse da un telefono all’altro, raggiungendo anche il consigliere De Lucia unitosi subito al coro di sgomento per questa scelta discutibile.
Il politico ha segnalato l’episodio suggerendo di rimuovere dal mercato l’articolo, che ovviamente diffonde un messaggio negativo.
È quindi intervenuta prontamente la direttrice del negozio, Paola Rondanini che si è giustificata affermando: Abbiamo 18mila articoli da gestire e quando abbiamo ordinato l’oggetto in questione c’era solo un codice. Quando l’abbiamo esposto non abbiamo avuto la prontezza di riflessi per capire che non fosse opportuno.
Sembrerebbe una svista quindi, una leggerezza alla quale vogliamo concedere il beneficio del dubbio ma che ha prodotto uno sdegno non indifferente.
Ci chiediamo infatti, come sia possibile concepire un prodotto, portavoce di un messaggio che senza mezzi termini mette sotto la luce dei riflettori la criminalità organizzata made in Sicily.
Riusciremo prima o poi a liberarci da quel tatuaggio che associa il bello stivale all’immoralità malavitosa?
Fortunatamente un lieto fine fa gioire gli indignati: il prodotto inopportuno è stato prontamente rimosso dalla vendita…al dettaglio. Ovviamente online è già un cult.
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