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L’indiscrezione di una possibile buonuscita da 100 milioni di euro per Carlos Tavares, ex amministratore delegato di Stellantis, ha scatenato un’ondata di indignazione tra sindacati, lavoratori e politici. Anche se la cifra non è ancora ufficiale – ma diciamo di più, anche se fosse la metà, o un terzo – la verità emergerà ad aprile con la presentazione del bilancio del gruppo – sarebbe comunque una porcheria etica in un contesto di crisi occupazionale e industriale. Anzi, in qualsiasi contesto.
Tavares, un compenso stellare per cosa?
Durante i suoi quattro anni alla guida del colosso automobilistico nato dalla fusione di Fiat Chrysler Automobiles e PSA, Tavares ha adottato una strategia orientata alla riduzione dei costi e alla massimizzazione dei margini.
Questo approccio ha generato dividendi record per gli azionisti, pari a 23 miliardi di euro, ma ha lasciato in eredità stabilimenti in difficoltà, lavoratori in cassa integrazione e investimenti ridotti nella ricerca e sviluppo. Traduzione: macelleria sociale sui lavoratori, champagne per i padroni, non c’è altro utilizzo possibile del vocabolario.
Con un salario base di 10 milioni di euro e una retribuzione totale di 36,5 milioni nel 2023 – in crescita del 56% rispetto ai 23,5 milioni dell’anno precedente – Tavares è stato tra i dirigenti più pagati al mondo nel settore automobilistico.
Per confronto, i suoi omologhi europei come Oliver Blume (Volkswagen), Ola Källenius (Mercedes-Benz) e Oliver Zipse (BMW) hanno percepito tra i 9 e i 12 milioni di euro. Luca de Meo, ceo di Renault, si è fermato a 5 milioni.
Indignazione e critiche (tardive)
La possibilità di un’uscita anticipata accompagnata da una liquidazione multimilionaria ha suscitato reazioni particolarmente dure tra i sindacati. Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, ha criticato apertamente l’ipotesi, definendola una “beffa” per i lavoratori in cassa integrazione e per un’azienda che necessita di investimenti strategici, soprattutto in Italia.
Anche diversi esponenti politici italiani hanno espresso il loro disappunto, chiedendo che i fondi vengano reinvestiti nelle fabbriche e nelle attività di innovazione, anziché destinati a buonuscite di questa portata. Stellantis, dal canto suo, ha liquidato le polemiche definendole “congetture”, pur senza negare la possibilità.
Stupisce – per modo di dire – la sorpresa dei sindacati, come se questo modus operandi fosse nuovo e non la regola. Solo oggi scoprono che i salari sono fermi da vent’anni?
Ma da tempo i lavoratori non sono né le ragioni del conflitto né i protagonisti. Sono solo strumenti da brandire nei contesti che si presentano, usa e getta.
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