No all’estradizione di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, negli Stati Uniti. Lo ha stabilito questa mattina la giudice Vanessa Baraitser.
No all’estradizione di Julian Assange
Oggi è stata emessa a Londra, presso il Tribunale penale centrale, l’Old Bailey, la sentenza finale che (forse) decide il destino di Julian Assange: no all’estradizione di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, negli Stati Uniti. Lo ha stabilito questa mattina la giudice Vanessa Baraitser citando il rischio di suicidio di Assange. L’estradizione sarebbe pesante a causa dello stato di salute mentale del soggetto.
Assange negli Usa rischiava l’imputazione per spionaggio perseguibile secondo l’Espionage Act, con pene complessive fino ai 175 anni di carcere.
Assange, 48 anni, cittadino australiano, per molti è il simbolo mondiale della libertà di stampa. Era già stato accusato di avere cospirato, insieme all’ex analista militare statunitense, Chelsea Manning, per ottenere e pubblicare materiale riservato nel 2010.
Il Dipartimento di Giustizia americano ha sostenuto che il giornalista e la sua organizzazione avevano reclutato ‘hacker’ e incitato altre persone per ottenere informazioni da pubblicare, in violazione delle leggi anti spionaggio degli Stati Uniti.
In tutti questi mesi di attesa del verdetto i legali di Assange avevano ricordato le precarie condizioni di salute del loro assistito, arrestato dalla polizia britannica nell’aprile 2019, dopo aver trovato rifugio per sette anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador, a Londra, rivelatasi in seguito una specie di prigione sotto sorveglianza. Gli agenti lo catturarono dopo la revoca dell’asilo offerto dalle autorità di Quito.
Wikileaks è nata con l’intento di rivelare corruzione e soprusi del potere, attraverso la pubblicazione di documenti segreti, come quelli sulle guerre americane e i crimini avvenuti in Iraq, Afghanistan e a Guantanamo. Ora la lunga battaglia giudiziaria per Assange, che non versa in buone condizioni di salute fisica e psichica, è giunta all’ultima fase, nel tentativo di evitargli l’estradizione negli Usa, dove è già stato incriminato da un grand jury per 18 capi di imputazione, 17 dei quali relativi ad accuse di spionaggio.
Prima del verdetto il padre di Assange, John Shipton, aveva lanciato un nuovo allarme sulla sorte del figlio dalle pagine dell’Independent:
Washington lo vuole per “spezzarlo e vendicarsi cosi’ di aver rivelato al mondo crimini di guerra”. Se dovesse essere rispedito negli Usa verrebbe condannato fino a 175 anni di prigione in un carcere di massima sicurezza in Colorado, sottoposto 23 ore al giorno a misure speciali. Julian ha la reputazione di dire la verità. E Wikileaks ha rivelato crimini contro l’umanita.
Lo scorso 8 dicembre, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, aveva inoltrato una nuova richiesta alle autorità britanniche per il rilascio immediato di Julian Assange dalla prigione, in quanto ad alto rischio di contrarre il Covid-19:
Il signor Assange non è un condannato a morte e non rappresenta una minaccia per nessuno, quindi il suo prolungato isolamento in una prigione di massima sicurezza non è né necessario, né proporzionato e chiaramente manca di qualsiasi base giuridica. I diritti del signor Assange sono stati gravemente violati per più di un decennio. Ora gli deve essere permesso di vivere una normale vita familiare, sociale e professionale, per recuperare la sua salute”
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