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Antonin Artaud, Lettera ai primari dei manicomi

Antonin Artaud, Lettera ai primari dei manicomi

Questa settimana per la collana Millelirepersempre di Strade Bianche di Stampa Alternativa, Kulturjam.it vi propone Lettera ai primari dei manicomi, di Antonin Artaud.

Una testimonianza agghiacciante sulla vita all’interno dei manicomi, luoghi di reclusione per eccellenza insieme alle carceri, in cui vacilla il bene più prezioso che abbiamo, la libertà.

La caverna dei dolori

Mi viene in mente un passo di un libro di Abdelwahab Med-deb, insuperabile scrittore tunisino:

“Il corpo è forse un carcere, un impedimento? Ci sono degli istanti felici in cui il corpo risplende come un tempio. Ce ne sono altri, invece, in cui diventa la caverna dei dolori. Prigioniero di questa alternanza di luce e di tenebre, i nostri cammini si perdono nella foresta che accoglie il dramma del nostro corpo”.

Singolare che questa frase mi ritorni nel bosco dove vado quasi tutte le mattine, in cerca di legna, di terra per l’orto, di risposte. Singolare che mi faccia pensare alla vicenda umana del grande Antonin Artaud, che da quella caverna di dolori non è mai uscito e neanche mai ci è entrato.

Semplicemente è nato, vissuto e crepato lì dentro. Forse, a volte, ha visto il buco da dove entrava la luce e ha cercato di raggiungerla ma è sempre stato ricacciato dentro dai prepotenti. Lo incontrai, per la prima volta, durante i miei studi accademici, con Il teatro e il suo doppio.

Ma il sole che batteva sopra il ferro di cavallo a via Ripetta era troppo bello e arancione per concentrarmi su quelle letture. Però capii che tutto il teatro d’avanguardia, dalla Fura dels Baus al Teatro Potlach, alla Societas Raffaello Sanzio, ai Momix erano suoi figli e senza di lui non sarebbero mai nati.

Mi ritrovo tra le mani un vecchio Millelire di Stampa Alternativa, Lettere ai prepotenti, dove sono riportate alcune lettere che Antonin  scrisse ai suoi aguzzini, a chi lo ricacciava continuamente dentro la grotta. Avevo un quadernetto con me, lì nel bosco, ed inizio a tradurre in immagini la sua prima lettera ai primari dei manicomi.

Antonin Artaud, Lettera ai primari dei manicomi

L’atroce sofferenza di Antonin Artaud

La negazione della libertà, di una visione diversa. L’obbligo di riportare alla normalità. Negli anni di internamento in manicomio Antonin cade in coma cinquantuno volte in seguito ai numerosi elettroshock di cui è vittima. Ogni due mesi, per nove anni, va in coma.

La sua caverna dei dolori è sempre più ampia. Il suo grido di libertà viene regolarmente represso dall’elettricità. Muore a 52 anni con una scarpa in mano, sembra averne almeno 70.

Le scariche elettriche a cui veniva sottoposto, all’epoca raggiungevano i 400 watt. Antonin non aveva bisogno di questo per liberare il suo spirito: la dipendenza dall’oppio, provocata dai consigli e dalle somministrazioni del suo medico in giovane età, già sarebbe bastata per tenerlo legato al suo maledetto corpo.

Le scariche elettriche, al giorno d’oggi, in Italia, sono ancora dispensate, anche se non ci è dato sapere a quanti disgraziati. Le ultime informazioni risalgono al 2012 e parlano di circa 300 persone.

Poi il nulla. Spero che questo mio piccolo omaggio a una grande anima faccia riflettere sull’assurdità dei manicomi, delle carceri, dei luoghi di reclusione dove l’essere umano è privato del bene più grande: la libertà.

Vi lascio con le parole di Franco Basaglia sull’elettroshock: “…è come dare una botta a una radio rotta: una volta su dieci riprende a funzionare. Ma anche in quella singola volta in cui la radio s’aggiusta non sappiamo il perché”.

Scarica ora il pdf del libro Antonin Artaud, Lettera ai primari dei manicomi  e accedi alle stanze più buie dell’animo umano. L’autore ti condurrà nel suo racconto mostrandoti una realtà di cui tuttora non si ha piena coscienza.

Massimo Benucci

 

 

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