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Wallerstein e il capitalismo come un unico sistema-mondo

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Un breve focus su uno degli aspetti del capitalismo analizzati da Wallerstein, ovvero l’ordine nazionale in cui tiene a bada il conflitto di classe e quello internazionale in cui mantiene sotto controllo la periferia economica-culturale.

Wallerstein, capitalismo e sistema-mondo

Immanuel Maurice Wallerstein, sociologo, storico ed economista, identifica il capitalismo come un unico sistema-mondo transnazionale.

Il capitalismo si reggerebbe sulla supremazia di un centro economico, confermato dalla presenza degli Stati i quali gestirebbero i rapporti interstatali, mantenendo un rapporto di supremazia-subordinazione a livello internazionale.

Questo è stato possibile tramite una suddivisione del ruolo del lavoro (ad alcuni paesi sono stati associate produzioni di più alto valore e lavori più qualificati, ad altri esportazioni non lavorate o di non minor pregio: minerario o agricoltura).

Si sono creati al contempo un ordine nazionale in cui si teneva a bada il conflitto di classe e uno internazionale in cui si teneva a bada la periferia economica-culturale.

Per realizzare questo piano non sono state adoperate solo la cristianizzazione, la creolizzazione, l’imposizione di una lingua o di una classe borghese compradora (che impadronendosi delle miniere e del latifondo, creò economie di esportazione a basso costo delle materie prime, speculando sui poveri locali e al contempo legando i propri interessi economici a quella del centro).

Da questo scarso costo delle materie prime, nacque il compromesso sociale nel centro, le famose socialdemocrazie: anche gli operai inglesi potevano comprare banane a buon mercato (grazie ai colpi di stato in America Centrale) e questo li induceva ad essere più cauti, avevano qualcosa da perdere…

Wallerstein analizza le due alternative anti-sistema, identificando però il capitalismo con il sistema-mondo appena descritto (anche perché, come ci insegna l’esperienza del Niger, se un paese opta per una politica autonoma, i paesi della catena imperialista sono ben attivi nel cercare di rovesciare il governo non gradito), identifica così due vie:

– La via socialista
– La via nazionalista

Spesso indicate come opposte, sono invece a suo avviso convergenti, ma purtroppo in buona parte snaturate.

La prima optò per un’uniformazione al verbo produttivista e quindi all’inserimento nell’economia mondiale (tutti conosciamo la storia dell’URSS che importava grano dagli USA o della Jugoslavia indebitata con la Germania, fino a farsi imporre negli anni ’80, politiche deflazionistiche i cui effetti sono noti).

La seconda optò per l’identificazione della resistenza locale nello Stato (patria), il quale però era inserito nel contesto internazionale e come tale parte dell’ordine e quindi del sistema-mondo (per stemperare un regime non gradito, non servono sanzioni, ma accordi commerciali, turismo e una manciata di anni).

Giunge, inoltre, alla conclusione che nel pratico, i due movimenti hanno incontrato problematiche molto simili e per certi versi complementari.

Aggiungo io, che non a caso, i pochi movimenti rivoluzionari in Europa che hanno sostegno popolare e che hanno avuto anche una tenuta elettorale successiva, sono i movimenti indipendentisti non legati a nessuno stato e che coniugavano questione di classe e questione nazionale: Baschi, Irlanda.

Wallerstein suggerisce che la scienza è diventata uno strumento di uniformazione universale, che la scienza permette la tecnica e che questa a sua volta permette pari opportunità ai “paesi in via di sviluppo”, i quali non possono fare altro che accettare la formazione, l’istruzione, le borse di studio dei paesi più ricchi per preparare la classe dirigente, i medici, gli avvocati locali.

Tutto sembra pensato per protrarre una mentalità coloniale, una sudditanza mentale.

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Gabriele Germani
Gabriele Germani
Roma, 1986. Laureato in Storia contemporanea e Psicologia, con Master in Geopolitica. Lavora nell’ambito pedagogico-educativo. Si occupa da anni dei rapporti tra il Sud e il Nord del mondo, con le lenti del neo-marxismo, della teoria della dipendenza, del sistema-mondo e dell’Eurasia. Con questa prospettiva ha pubblicato negli anni, alcuni libri e articoli di storia e antropologia, in particolare sull’America Latina. Riferimenti bibliografici: Uruguay e emigrazione italiana: sogni, speranze e rivoluzioni di Gabriele Germani (Autore), Anthology Digital Publishing, 2022. Ha inoltre in pubblicazione con Kulturjam Edizioni: una raccolta di riflessioni su BRICS e mondo multipolare, con introduzione di Gianfranco La Grassa e con Mario Pascale Editore un testo sulla politica estera italiana durante la II Repubblica. Cura un micro-blog sul suo profilo Facebook (a nome “Gabriele Germani”) e un Canale Telegram sempre a nome “Gabriele Germani” (t.me/gabgerma). Dirige inoltre il Podcast “La grande imboscata” su attualità, geopolitica e cultura su varie piattaforme.

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