Le storie che non trovate mai nella narrazione pubblica. Questa è quella di Amadou, sopravvissuto ai lager libici, ma non al letale Covid.
Storie di Covid: Amadou, sopravvissuto al mare, ma non al virus
Il ragazzo a destra si chiama Amadou.
Io sono quello a sinistra.
Questa foto è stata scattata il 3 gennaio 2015 in Sicilia, ad Agrigento, una settimana dopo lo sbarco!
Amadou era ivoriano, avrebbe compiuto 25 anni il 7 aprile prossimo! Era un amico, un fratellino.
Mi è arrivata da Amburgo, in Germania, la brutta notizia che Amadou ci ha lasciato dopo essere stato una settimana in terapia intensiva per Covid-19.
Ho conosciuto Amadou nel 2014 mentre eravamo chiusi nel lager in Libia in condizioni estreme. Sempre insieme siamo sopravvissuti ad un naufragio .
Mi chiamava sempre zio, perché avevo lo stesso cognome di sua madre, originaria del Mali come me. Era una cosa culturale.
Mi ricordo ancora le sue parole, dopo il naufragio del 24 dicembre 2014:
Zio prendi questo numero, se muoio chiama mamma e dille che non ce l’ho fatta. Che le voglio tanto bene e volevo tanto aiutarla a prendersi cura dei miei fratelli, come ha sempre fatto lei da quando è morto papà.
Amadou è arrivato in Italia e, dopo aver avuto il permesso umanitario nel 2016, è andato in Germania dove ha imparato il mestiere del panettiere e con quello lavorava da tre anni.
Soumaila, adesso sto lavorando, i miei fratelli piccoli lì sto mandando a scuola. Non lavorano più. Anche mamma si riposa abbastanza adesso. Ha quasi 60 anni e credo sia tempo che resti a casa per godere di ciò che ha messo al mondo: “suo figlio”.
Il resto di questo toccante ricordo da parte di Soumaila Diawara potete leggerlo su The Black Post, sito gemellato con cui Kulturjam è in partnership.
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Proprio per questo la redazione è composta esclusivamente da immigrati di prima o seconda generazione, con la collaborazione, di giornalisti, professori e studenti che aiuteranno, chi, per ragioni comprensibili, magari essendo arrivato da poco, avrà difficoltà a scrivere in Italiano. Questa sarà anche un’occasione per creare in primis al nostro interno un esempio di inclusione e collaborazione, nonché formare giornalisti del domani.
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