Dopo un anno di DAD, nel respiro di molti insegnanti, genitori, dirigenti e politici si addensa tutta la precarietà del tempo sospeso, non più recuperabile, minando così la partecipazione e la motivazione all’apprendimento degli allievi. La DAD è diventata la didattica distante.
Eppure, siamo ancora in piena pandemia e non abbiamo altro modo di fare scuola.
DAD, Didattica A (breve) Distanza
La DAD è diventata la didattica distante. Molte energie non vengono incanalate nella ricerca, nella capacità di adattamento che rimane espressione di intelligenza. Invece di attendere passivamente il ritorno in presenza all’inno di andrà tutto bene si doveva abbracciare subito la possibilità di raggiungersi nonostante la distanza.
Intanto questo tipo di didattica rimarrà, anche quando torneremo in presenza, sotto il nome di Didattica digitale Integrata, che già prima della pandemia si tentava di rendere parte della vita scolastica.
La DAD ha aule senza pareti e le lezioni frontali ricevono l’ultimo colpo, non riescono più a sopravvivere e si frantumano pure i muri della valutazione, ancora così incoerente e disarmonica.
È tempo di riconoscere a bambini e ragazzi il saper decidere come, quando, che cosa, dove e con chi imparare e la possibilità di condividere in modo paritario le scelte che riguardano i loro ambiti organizzativi. La libertà di scelta comporta assunzione di responsabilità, crescita della consapevolezza e della possibilità di sperimentare il proprio stare al mondo. È così che si rafforza l’autostima e la capacità di autovalutazione.
Sono anni che sentiamo affermare teoricamente che la persona è al centro del processo educativo, abbiamo consumato tutte le belle parole, addirittura le abbiamo inflazionate e ancora nella pratica sono pochi i luoghi dell’apprendimento in cui si attua l’insegnamento libertario, sì perché è così che si chiama. Ecco cosa ha fatto emergere la DAD: la richiesta di cambiamento. Sappiamo che per concretizzarlo dobbiamo liberarci da inutili sovrastrutture, ricercare e sperimentare, pretendere una formazione di alta qualità.

L’incontestabile importanza della tecnologia crea la possibilità di supportare il cambiamento culturale, di favorire quello organizzativo, di abilitare la trasformazione della didattica attraverso azioni motivanti all’apprendimento e condivise per poi diventare buone pratiche…

Con la DAD molti insegnanti hanno conquistato conoscenze tecnologiche e di comunicazione, aiutati anche dagli stessi allievi, e questo ha incoraggiato quei passi in avanti che spesso venivano impediti dalla poca autostima.
Molte famiglie si sono dotate di devices o li hanno ricevuti dalla scuola in comodato d’uso, ed è cominciata a circolare l’alfabetizzazione tecnologica anche tra le madri, diventate in alcuni casi vere e proprie partners nell’insegnamento.
Siamo anche cittadini digitali, apprendiamo attraverso sistemi di tele apprendimento (e-learning), abbiamo a disposizione un mondo nel quale dobbiamo imparare a scegliere percorsi, a utilizzare tutto ciò che può servirci senza dimenticare di dare anche il nostro contributo alla rete.

D’altronde quando torneremo in presenza ci ritroveremo imbavagliati, costretti alla distanza, nessuna attività fisica, né musicale, neppure comunicazione con alunni di altre classi. Non sarà possibile utilizzare altri spazi, poter condividere il materiale… Per di più, dopo una settimana saremmo di nuovo in quarantena.
Nessuno sottolinea inoltre che in un anno nulla è cambiato: siamo in scuole senza Lim (o quelle che ci sono non funzionano, per l’alto costo di manutenzione) e connessione internet efficace, senza pc per gli allievi, senza poter arricchire di libri la biblioteca (nel caso raro che esista una biblioteca e funzioni come centro, cuore della formazione).
Ma non c’è cuore che batte perché sono troppi i senza, le mancanze, le attenzioni momentanee e strumentali verso la scuola. Poteva essere un anno utile per rendere davvero felice il nostro ritorno in presenza e sorprenderci. Ma non sarà così.

Non per ultimo, la didattica a distanza ha urlato il bisogno di accogliere bambini e ragazzi in situazione di difficoltà, ma è stato un fallimento: al massimo si sono organizzate in presenza classi differenziali di otto, dieci alunni di diversa età seguiti da un solo insegnante. Questa scelta organizzativa è a dir poco umiliante per chi l’ha pensata e soprattutto per le famiglie, costrette ad accettarla perché lasciate sole dalle istituzioni. Eppure poteva bastare fossero riuniti i bambini della stessa classe in modo da alternare attività personalizzate e collegamenti in DAD, sempre aiutati da insegnanti in presenza. Ci sarebbero voluti troppe insegnanti? Troppi computers? Beh, allora si finge di preoccuparsi della scuola…
Certi bambini sono ancora oggi considerati un problema sia in DAD che in presenza, sono diventati dei codici, a dispetto di tutto ciò che dichiariamo sulla diversità, sull’accoglienza, sull’eguaglianza. Raccontiamo della Costituzione ma non restituiamo libertà, possibilità di partecipazione; insistiamo sulle bandiere, sull’inno d’Italia, solo per timore che ci venga scippata l’identità; continuiamo a insegnare la religione cattolica (in molti casi si fa catechismo e indottrinamento e non la storia delle religioni… Siamo un popolo respingente.
Per la prima volta in quarant’anni la scuola non è protagonista del cambiamento, e c’è da riflettere anche sul fatto che non è nemmeno l’unica agenzia educativa.
Abbiamo il passo lento e una burocrazia che ci ha tramutate in bradipi, mentre preme la necessità di cambiamento, favorito come sempre da quegli insegnanti che all’interno della scuola non smettono di creare spazi di libertà.

D’altra parte, sono le condizioni del pianeta a imporlo: cambiamenti climatici, penetrazione umana negli ecosistemi vergini, sovrappopolazione, spostamenti fitti e veloci delle persone sono fattori coinvolti nella frequenza delle epidemie che ci hanno colpito negli ultimi vent’anni (SARS, MERS e virus pericolosi come HIV ed Ebola).
La DAD diventa quindi una vera propria occasione di continuità nell’apprendimento, una possibilità relazionale altrimenti irrealizzabile… è il prezioso mezzo per evitare forme diverse di solitudine.
Piaccia o no, ci permette di creare tutti gli spazi che vogliamo: ce ne andiamo per il mondo organizzando meravigliosi e interessanti viaggi virtuali, visitiamo musei, passiamo per le più affascinanti città, in tutti i fusi orari e le zone climatiche, fermandoci un po’ di più ad ammirare l’aurora boreale… E ci ritroviamo così più vicini che mai anche nell’etere inconsistente.
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