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Il 28 maggio 1974 a Brescia una bomba colpiva una manifestazione sindacale antifascista uccidendo otto persone e ferendone più di cento. Ricordare significa non dimenticare che la strage fu fascista, di Stato e della NATO.
28 MAGGIO 1974 a Brescia
La strage di Piazza della Loggia, avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974, fu un atto di matrice fascista per quanto riguarda gli esecutori materiali, di Stato per le complicità e le coperture istituzionali, ma anche riconducibile alla NATO per quanto concerne i mandanti di terzo livello.
La lunga e complessa ricerca della verità — ostacolata per decenni da insabbiamenti e depistaggi sistematici — ha infine condotto a identificare responsabilità all’interno dei servizi segreti e dei vertici militari della NATO, in particolare presso il comando di Verona.
Per decenni, prima unilateralmente e poi attraverso la NATO, gli Stati Uniti hanno condotto in Italia e in diversi paesi europei una guerra a bassa intensità contro le forze di sinistra e contro tutto ciò che veniva percepito come vicino al nemico sovietico.
Il Portogallo, sotto un regime fascista fino al 1974, e la Spagna, retta dallo stesso tipo di regime fino al 1978, rappresentarono pilastri fondamentali di questa offensiva anticomunista condotta sotto l’egida dell’Alleanza Atlantica. E non lo facevano per ideologia soltanto: ricevevano sostegno e benefici in cambio. Da questi regimi, e attraverso le strutture di collegamento e appoggio della NATO, si alimentava una vera e propria internazionale nera di matrice eversiva.
Il colpo di Stato del 1967 in Grecia, che portò all’instaurazione della brutale dittatura dei colonnelli, fu reso possibile grazie al sostegno operativo della NATO e al contributo del fascismo europeo, da essa finanziato e addestrato anche sul piano militare.
In Italia, gli Stati Uniti prima e la NATO poi non si limitarono a utilizzare le forze eversive di matrice fascista, ma si avvalsero anche della collaborazione della criminalità organizzata, in particolare della mafia.
La prima di una lunga serie di stragi politiche che avrebbero insanguinato il Paese — quella del 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra, in Sicilia — fu perpetrata contro lavoratori inermi dalla banda di Salvatore Giuliano.
Quest’ultimo, prima di essere abbandonato e infine eliminato, beneficiò della protezione e dell’appoggio dei servizi segreti italiani e statunitensi.
L’intera e lunga trama di sangue che attraversa la storia dell’Italia del dopoguerra si articola costantemente su tre livelli: l’esecutivo, rappresentato da manovalanza fascista o mafiosa; l’istituzionale, con il coinvolgimento di settori dello Stato; e infine il livello sovranazionale, riconducibile alla NATO.
La strage di Piazza Fontana, quella di Brescia, quella di Bologna, l’assassinio di Falcone e Borsellino, hanno un brodo di coltura e forse ben altre cose in comune.
Quando fu scoperta la P2 del fascista di Salò Licio Gelli, si scoperchiò solo una piccola parte del verminaio politico ed istituzionale coinvolto con il mandante del massacro alla stazione di Bologna del 1980. E poi bisogna ricordare quell’altro strumento clandestino delle operazioni speciali NATO in Italia: l’organizzazione Gladio.
A differenza dei giornalisti di Repubblica, che manifestarono stupore per la svolta, noi non siamo mai stati sorpresi dal fatto che le indagini sulla strage di Brescia abbiano infine condotto agli uffici della NATO.
In Italia e in Europa, la NATO non ha rappresentato uno strumento di libertà, bensì un mezzo di condizionamento, inquinamento e compromissione della vita democratica. Proprio a partire dalla nostra storia, spetterebbe a noi rivolgere un monito ai cittadini finlandesi e svedesi: fate attenzione a ciò che state accogliendo dentro casa.
Il 28 maggio 1974 a Brescia una bomba colpiva una manifestazione sindacale antifascista uccidendo otto compagne e compagni e ferendone gravemente più di cento. Ricordare significa non dimenticare che la strage fu fascista, di Stato e della NATO.
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