Da qualche mese è in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che modifica radicalmente l’istituto della responsabilità limitata. Vediamo come.
Come cambia la responsabilità limitata
L’articolo 2247 del codice civile afferma che con il contratto di società due o più persone conferiscono beni e servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. La legge obbliga ad adottare uno degli otto schemi legali previsti dal codice, che sostanzialmente si esauriscono in due grandi famiglie: società di persone e società di capitali.
Le prime hanno autonomia patrimoniale imperfetta, cioè i soci (o l’imprenditore), in alcuni casi, rispondono delle obbligazioni della società con il loro patrimonio personale; le seconde hanno autonomia patrimoniale perfetta, cioè i soci non rispondono mai dei debiti della società, al massimo possono perdere la quota che hanno conferito.
I dati ISTAT mostrano che in Italia vi sono circa di 4,4 milioni di imprese. Oltre il 60% sono ditte individuali; la restante parte è costituita soprattutto da S.R.L. che rappresentano il 20% sul totale delle imprese (e oltre la metà sul totale delle società).
La S.R.L. è preferita alla S.p.A. (scelta solo in pochissimi casi) anche per il capitale sociale minimo necessario alla costituzione – 50.000 euro contro 10.000 euro – oltre che per la maggiore flessibilità nella gestione. Ed è preferita anche alla società di persone perché, come abbiamo detto, essa comporta responsabilità illimitata e solidale dei soci per i debiti della società nei confronti dei creditori.
Inoltre, una S.R.L. ha più credibilità verso banche e fornitori rispetto a una società di persone: la costituzione avviene con atto pubblico e l’iscrizione nel registro delle imprese ha efficacia costitutiva, dunque da un punto di vista puramente formale, le informazioni sulla compagine e sul capitale sociale sono più attendibili.
A metà agosto del 2020 è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), contenuto nel Decreto Legislativo 14 del 2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14/2/2019.
Il nuovo Codice si propone di riformare in modo organico ed unitario la materia delle procedure concorsuali e della crisi da sovraindebitamento, superando le difficoltà applicative oltre che interpretative derivanti dalla formazione di indirizzi giurisprudenziali non consolidati e contrastanti, in modo da soddisfare l’esigenza di certezza del diritto e migliorare l’efficienza del sistema economico per renderlo più competitivo.
Una delle modifiche più importanti riguarda il nuovo sesto comma aggiunto all’articolo 2476 del codice civile che recita:
gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.
In termini molto più pratici, gli amministratori della società a responsabilità limitata, rispondono dei debiti societari con il proprio patrimonio nei confronti dei creditori sociali che decidessero di adire le vie legali nei loro confronti. Per meglio chiarire il discorso, ricordiamo che
l’amministratore è il soggetto cui compete il potere di gestire gli affari sociali e, più precisamente, quella sfera di potere di gestione che non è attribuita ai soci o all’assemblea. L’amministratore della società ha il compito di rappresentare la società nei rapporti esterni. Nelle società di persone di regola il socio è amministratore; nelle società di capitali e nelle cooperative, gli amministratori vengono nominato dall’assemblea dei soci.
L’obiettivo del legislatore è quello di impedire agli amministratori di agire in modo scorretto e fraudolento nei confronti dei creditori terzi, in un’analogia con ciò che accade con la società per azioni.
Tuttavia, secondo uno studio della Banca Centrale, rispetto al fenomeno della coincidenza tra proprietà e gestione, si osserva che quasi la metà del capitale sociale è detenuto dagli amministratori, un valore in forte crescita nel periodo analizzato. Si tratta di una circostanza più frequente nelle S.R.L. (49%) rispetto alle S.p.A. (28%).
In parole assai più semplici: i soggetti che costituiscono e possiedono la maggioranza delle quote di una S.R.L., molto spesso sono gli amministratori. E il nuovo Codice li rende responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni della società, di fatto cancellando dal punto di vista sostanziale l’autonomia patrimoniale perfetta prevista originariamente dal legislatore.
Cosa potrebbe accadere in futuro? Ad esempio che nessuno dei soci della S.R.L. accetti di diventare amministratore perché corre il rischio di perdere anche il suo patrimonio personale. O che nessuno scelga di costituire una S.R.L., preferendo una società di persone: questa opzione comporta, anche formalmente, responsabilità illimitata, ma ha decisamente meno formalità burocratiche.
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