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La spaventosa ferocia che Israele riversa sull’ospedale Kamal Adwan, che ha la “colpa” di essere situato a Beit Lahia, nel bel mezzo della zona nel Nord della striscia che è attualmente teatro di una terrificante pulizia etnica, nel silenzio tombale dei media occidentali.
A Beit Lahia l’ospedale che si rifiuta di morire
Ormai è chiaro anche ai macigni: Israele attacca deliberatamente e sistematicamente ospedali, ambulanze e personale sanitario a fini terroristici, a Gaza come in Cisgiordania e in Libano.
Tra il 7 ottobre 2023 e il 30 luglio 2024, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha registrato 498 attacchi israeliani contro ospedali e ambulatori nella Striscia di Gaza che hanno causato 747 morti e 969 feriti, con danni a 110 strutture.
In particolare, l’ospedale al-Shifa (il più grande ospedale della Striscia di Gaza) è stato assaltato ben due volte dalle truppe israeliane e distrutto al punto di metterlo completamente fuori servizio.
Gli operatori sanitari uccisi sono stati 500 (sempre fino a luglio 2024), oltre a 128 sequestrati e detenuti nelle prigioni israeliane. Crimini sistematici di simile portata non hanno alcun precedente storico, al punto che per descriverli è stato necessario coniare un nuovo orribile termine: medicidio.
Eppure, questi orrori impallidiscono in confronto alla spaventosa ferocia che Israele riversa sull’ospedale Kamal Adwan, che ha la “colpa” di essere situato a Beit Lahia, nel bel mezzo della zona nel Nord della striscia che i genocidari coloni vogliono rubare ai palestinesi e che è attualmente teatro di una terrificante pulizia etnica, nel silenzio tombale dei media occidentali.
Gli attacchi israeliani contro l’ospedale sono stati talmente ripetuti e intensi che Wikipedia ha aperto una pagina dedicata a tenerne traccia. Il suo direttore, Hussam Abu Safia, ha rifiutato più volte di abbandonare l’ospedale e per questo l’esercito israeliano gli ha ammazzato il figlio: nonostante ciò, il dottor Safia continua a restare al suo posto e l’ospedale continua a fornire ai palestinesi della zona tutta l’assistenza sanitaria possibile con i pochissimi mezzi a disposizione, il che scompagina i piani israeliani per la totale evacuazione forzata della zona. Da ormai quasi due mesi l’ospedale viene quindi bombardato su base pressochè quotidiana
Sappiamo bene che la reazione di Israele ad ogni evento che lo riguardi è sempre la stessa: un incremento della violenza contro i palestinesi. L’emissione dei mandati di cattura contro Netanyahu e Gallant non ha fatto eccezione, e anche l’ospedale Kamal Adwan ne ha fatto le spese.
Il 21 novembre l’esercito israeliano ha cominciato le operazioni di vendetta bombardando l’ingresso dell’ospedale, senza alcun preavviso, uccidendo e ferendo alcune delle persone che si trovavano lì.
Quando medici e paramedici sono usciti nel cortile per soccorrerli, un quadricottero ha cominciato a sganciare delle granate direttamente su di essi ferendo sei persone, tra cui quattro medici: il più grave tra essi è un medico specializzato in terapie intensive, è in condizioni critiche ed è attualmente ricoverato (ironia della sorte) in terapia intensiva.
Non paghi, i droni israeliani hanno preso di mira per l’ennesima volta il generatore primario di elettricità dell’ospedale, il serbatoio dell’acqua e l’ìmpianto di distribuzione dell’ossigeno, mettendoli fuori uso.
Un neonato, che era attaccato all’ossigeno, ha avuto un arresto cardiaco ed è stato salvato solo grazie all’immediato interventi di rianimatori che lo hanno attaccato direttamente a una bombola, mentre altri medici rimasti illesi si sono immediatamente attivati per riparare il generatore e le linee di ossigeno nonostante l’elevatissimo rischio di essere nuovamente presi di mira.
Il dottor Safia ha diffuso un video in cui ha raccontato la terrificante situazione dell’ospedale e richiedendo, per l’ennesima volta, un corridoio umanitario per consentire l’evacuazione dei feriti, la fornitura di cibo, medicinali e ambulanze (i servizi di soccorso nel Nord sono stati stroncati da Israele ormai da settimane).
Per tutta risposta, Israele ha nuovamente attaccato l’ingresso occidentale con un drone che ha sganciato altre granate, prendendo di mira alcune persone in attesa di procurarsi acqua da bere, uccidendo una persona e ferendone altre cinque tra cui un altro medico dell’ospedale.
Ora il direttore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità in persona ha rilanciato la disperata richiesta di aiuto del direttore Abu Safia, chiedendo nuovamente un’immediata cessazione degli attacchi che stanno mettendo a rischio la vita di 80 pazienti, di cui otto in terapia intensiva, oltre ovviamente al personale e ai civili rifugiati nelle vicinanze, ma sappiamo già quale sarà la risposta.
A fronte di tutto questo, che non è che una piccola parte dei crimini perpetrati da Israele nella sola giornata di oggi, viene davvero da chiedersi quale sia il disturbo emotivo e cognitivo che affligge coloro che si stracciano le vesti contro i mandati di cattura per i responsabili di tanto orrore.
Ormai non è neanche più questione di essere meramente stupidi e/o cattivi: chi insiste nell’ignorare e/o giustificare i crimini israeliani è chiaramente affetto da gravi patologie, e il fatto che nonostante ciò questi personaggi siano perfettamente inseriti ai piani alti delle gerarchie di potere dimostra meglio di ogni altro dato quanto la nostra “società del benessere” sia in realtà malata terminale e sulla soglia dell’autodistruzione.
* Articolo originale pubblicato su Alessandro Ferretti Blog
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