Per il delitto di Arce inizia oggi il processo dopo 20 anni di indagini, depistaggi e colpi di scena, cercando la verità sull’efferato omicidio della diciottenne Serena Mollicone. Un cold case su cui da tempo è calata un’ombra pesantissima, quella che la giovane sia stata uccisa nella caserma dell’Arma dagli stessi carabinieri, coinvolti in un giro di droga.
Delitto di Arce: verità per Serena Mollicone
Una storia oscura, piena di capovolgimenti drammatici, sul quale si cercherà di mettere un punto almeno con la verità giudiziaria.
Serena Mollicone scompare la mattina del 1 giugno 2001. Esce presto per andare all’ospedale di Sora e non fa più ritorno a casa. All’ora di pranzo il padre, Guglielmo Mollicone, maestro elementare e titolare di una cartoleria ad Arce, inizia a preoccuparsi e nel pomeriggio ne denuncia la scomparsa ai carabinieri. Cominciano le ricerche e due giorni dopo il corpo della ragazza viene trovato vicino a un mucchio di rifiuti in un boschetto all’Anitrella. Serena aveva mani e piedi legati da nastro adesivo e fil di ferro e un sacchetto in testa.
Tra i primi indagati per l’omicidio di Serena ci fu Carmine Belli, un ex carrozziere che venne arrestato con l’accusa di essere l’assassino della studentessa di Arce. Ma nel luglio del 2004, dopo aver trascorso quasi un anno e mezzo di reclusione, l’uomo venne assolto.
Due anni dopo, nell’aprile del 2008, il brigadiere Santino Tuzi si tolse la vita, sparandosi al petto. L’uomo era stato interrogato nel corso delle indagini per l’omicidio Mollicone e aveva rivelato di aver visto la studentessa nei pressi della caserma di Arce nel pomeriggio di quel venerdì 1° giugno 2001, giorno della scomparsa.
Così, nel 2011, vennero iscritti nel registro degli indagati l’ex maresciallo Franco Mottola, allora in servizio alla caserma di Arce, la moglie e il figlio Marco. Per anni si susseguirono verifiche, esami e ipotesi, senza che le indagini facessero significativi passi avanti. Fino alla perizia svolta dalla professoressa Cristina Cattaneo, dopo la riesumazione del corpo di Serena, nel 2016.
La nuova perizia svolta dal medico legale indicò la possibilità che Serena fosse stata picchiata e poi soffocata con un sacchetto. Non solo: le lesioni presenti sulla testa sarebbero state anche “compatibili” con l’urto rinvenuto su una porta che si trovava nella caserma dei carabinieri di Arce.
La battaglia del padre, Guglielmo Mollicone
In un intervista a Radio Cusano Campus Guglielmo Mollicone dichiarò: Chi uccise mia figlia aveva paura di Serena perchè lei ebbe il coraggio di andare nella caserma dell’Arma per denunciare l’enorme spaccio di droga che all’epoca c’era ad Arce, terzo polo dello spaccio di stupefacenti dopo Roma e Napoli. Spaccio controllato da un boss camorrista capo degli Scissionisti”. Non solo. Secondo il padre della ragazza, furono in tanti a depistare le indagini”.
Al processo non potrà assistere il papà di Serena, morto il 31 maggio scorso, qualche mese prima del rinvio a giudizio dei cinque imputati. A portare avanti il testimone sarà però l’avvocato Dario De Santis, che proprio durante le esequie di Guglielmo gli promise giustizia.
E così si apre oggi il processo per la morte della 18enne di Arce. Si comincia questa mattina, dopo 20 anni di indagini, colpi di scena e archiviazioni. Lunghissima la lista di testimoni, oltre duecento, sulla cui ammissione al procedimento deciderà oggi la Corte d’Assise di Cassino.
In aula potranno invece essere presenti i cinque imputati: l’ex maresciallo dei carabinieri, all’epoca del delitto comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Annamaria e il maresciallo Vincenzo Quatrale, che sono accusati di concorso nell’omicidio. Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi mentre l’appuntato Francesco Suprano dovrà rispondere di favoreggiamento. L’Arma dei carabinieri è parte civile nel processo.
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